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Grandi interpreti al Festival du Piano a La Roque d’Anthéron

Un ricco programma di concerti dal 23 luglio al 18 agosto

L’ombra ed il respiro dei platani secolari, il silenzio odoroso della natura provenzale contrappuntato da cicale e grilli, dioscuri e custodi di un eden a cui, dopo la prima visita, è impossibile sottrarsi. E ancora, il soffio del mistral, divinità impietosa e multiforme, messaggero di caldi torridi così come impietose rigidità. Da 41 anni, da quella clamorosa stagione nata in sordina nel parco del Chateau du Florans, con sedie quasi raccogliticce ma con un parterre di protagonisti così altisonante da far credere ad una bufala ferragostana, il miracolo del Festival du Piano a La Roque d’Anthéron è l’incanto sempre nuovo, sempre uguale, di un’immersione nella bellezza da gustare nella sua più succulenta quintessenza. Ospiti irrinunciabili accanto a promesse del panorama emergente; percorsi arcinoti da compiere ancora e ancora, all’eterna ricerca di nuove risposte (o di vecchie domande), intrecciati a più audaci itinerari d’ascolto dislocati tra lo scrigno a cielo aperto del Parco e gli altri spazi che a raggiera costellano il pellegrinaggio del turista per caso così come dell’inguaribile pianomane.

Dal 23 luglio al 18 agosto prossimi, quasi un mese di giornate scandite da due, addirittura tre appuntamenti quotidiani all’insegna del sommo pianismo en plein air.  Un cartellone modulato dai residui delle tremende cicatrici della pandemia – con ospiti prevalentemente francesi, ad esclusione di una rosa di presenze eccellenti della scena perlopiù russa – ma vittoriosamente resistente, caparbiamente lì a dirci che desiderare è potere. Ad alzare idealmente il sipario, una coppia d’eccezione quale Nicholas Angelich e Lars Vogt, quest’ultimo nelle vesti di direttore alla testa dell’Orchestre de chambre de Paris per una serata interamente nel segno di Beethoven. A seguire, in un programma serrato ed incalzante, le presenze di Philippe Bianconi, del Trio Chausson, del duo formato dal violino di Renaud Capucon e dal pianoforte di Beatrice Rana, unica italiana, insieme all’italo-francese Vittorio Forte, ad aver espugnato il tempio francocentrico della Roque. E ancora, il talento viscerale di Plamena Mangova, solista insieme a Rabdel Rahman el Bacha nel doppio Concerto di Mozart accanto all’Orchestre Philarmonique de Marseille condotta da Lawrence Foster, e, la sera dopo, il 27 luglio, la classe sopraffina di Jean Marc Luisada, in un programma che ha nella wanderung la sua cifra. Imperdibili, poi, le apparizioni, il 28, di Bertrand Chamayou ma soprattutto, il 29 luglio, della coppia d’assi costituita da Grigory Sokolov e Pavel Kolesnikov, purtroppo in contemporanea.

Bisognerà dolorosamente scegliere se seguire il gigante ad Aix en Provence o se assecondare i più sottili – ma non meno avvincenti – fili della ragnatela ordita da Pavel Kolesnikov, il cui astro si era alzato nel cielo italiano al Casalmaggiore International Festival. Venerdì 30, aria di famiglia, con la giovane (e bravissima) coppia costituita da Anna Geniushene e Lukas Geniušas a darsi il cambio in una staffetta da non perdere, prima all’Espace Florance e poi, in serata, all’Auditorium du Parc. Ed il giorno dopo, altro tandem serrato: prima con Tanguy de Williencourt e poi con Arcadi Volodos, semidio dall’aria bonaria e dall’arcata narrativa sontuosa. Girato il calendario sul mese di agosto, a balzare all’occhio sono i nomi di Yulianna Avdeeva, attesa il 3 con un recital imperniato sulla trascrizione, Vadym Kholodenko e Nikolai Lugansky, strepitoso binomio che infiammerà la giornata del 4. Poi, quelli di Khatia Buniatishvili, Guillaume Bellom, Claire Désert, Florent Boffard, la premiata ditta costituita da Alexandre e Jean Jacques Kantorow: tutti arcifrancesi, di nascita o d’adozione, tutti beniamini di casa, così come Anne Queffélec, tutti impegnati in concerti da intavolare a più mani, in un’idea di camerismo che qui più che mai è gioia di ritrovarsi e di condividere musica in un’atmosfera in cui informalità ed intensità parlano con una voce.

Avviandosi verso il gran finale, carrellata di scintille: Fiona Mato, mattatrice in più appuntamenti così come Koijro Okada, Bruno e Paolo Rigutto, propaggini di un’Italia aristocratica e trasmigrata, Nelson Goerner, Benjamin Grosvenor, Michel Dalberto, i magnifici tre del Trio Wanderer, i principi David Kadouch e Adam Laloum. Tanti citati, almeno il doppio qui mancanti, petali di un fiore troppo ricco per stare in una sola mano, troppo bello per lasciarselo sfuggire, almeno per una manciata di giorni.

Elide Bergamaschi