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Parma: Debutta una nuova edizione di Pelléas et Mélisande su Rai 5

Giovedì 22 aprile alle ore 21.15 dal Teatro Regio l’opera di Claude Debussy nella regia firmata da Barbe & Doucet, con Marco Angius sul podio dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini

A 54 anni dal suo ultimo allestimento, il dramma lirico in cinque atti e dodici quadri di Maurice Maeterlinck su musica di Claude Debussy Pelléas et Mélisande torna al Teatro Regio di Parma. Lo spettaacolo verrà trasmesso Giovedì 22 aprile alle ore 21.15 su Rai 5 e sulla piattaforma web Raiplay.

Il nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma, firmato per la regia, le scene e i costumi del team creativo franco-canadese Barbe & Doucet, con le luci di Guy Simard, è realizzato in coproduzione con Fondazione Teatri di Piacenza e Fondazione Teatro Comunale di Modena. Marco Angius dirige l’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani, con protagonisti Monica Bacelli (Mélisande), Phillip Addis (Pelléas), Michael Bachtadze (Golaud), Vincent Le Textier (Arkël) e Enkelejda Shkoza (Geneviève), Silvia Frigato (Yniold), Andrea Pellegrini (Pastore, Medico).

Per Pelléas et Mélisande, Barbe & Doucet concepiscono un allestimento circolare, che si ispira allo Spiritismo tardo ottocentesco, in cui i personaggi sono immersi loro malgrado in un limbo, uno spazio di confine tra ciò che sta sopra la terra e ciò che sta sotto, tra elementi scenici naturali, boschivi e acquatici, marmi che evocano cimiteri monumentali, isole semoventi, pannelli e fondali in continuo movimento. Un mondo a cavallo tra mondi, da cui non sembra esser possibile sfuggire, dove ciascun elemento ha un significato simbolico (l’acqua, le radici, la luce) e dove ciascun personaggio è molto di più di quel che canta. I protagonisti, quali spiriti solitari che dovranno trovare la pace prima di terminare il loro viaggio, sembrano sgretolarsi, sfaldarsi via via e non casualmente strato dopo strato perderanno le loro vesti, unica apparente protezione nei confronti di un destino che appare ineluttabile.

Il Direttore musicale, Marco Angius tematizza un immancabile paradosso, quello del legame e del collegamento dei suoni alle parole, antico quanto irrisolto. “Le parole sono già suoni prima ancora che segni, afferma: difatti un compositore prima immagina i suoni e poi li trascrive. L’interprete compie invece il percorso inverso, risalendo dai segni a una delle possibili idee di suono”.

“Di fronte alle parole di Maeterlinck, Debussy si comporta come un nuovo drammaturgo musicale: le dispone praticamente integre lungo un tessuto sonoro in cui il corpo della voce risulta assente perché migrato in quello dell’orchestra e convertito nella componente a essa più congeniale: quella simbolico-rappresentativa. Nel tentativo di definire musicalmente i processi che caratterizzano la scrittura vocale e orchestrale del Pelléas, emergono diversi elementi su cui soffermare lo sguardo: la poetica del silenzio e della decostruzione compositiva, la componente timbrica e spettrale che fa apparire i dialoghi come una delle possibili variabili del suono, il prosciugamento del ruolo lirico delle voci a favore delle potenzialità espressive dell’orchestra. Pelléas et Mélisande non è infatti un’opera lirica in senso stretto ma una forma sui generis di teatro musicale in cui gli eventi sembrano sospesi fuori del tempo. Questi condizione di still life confina con il carattere di opera aperta e mai veramente conclusa dopo la prima redazione del 1892, in piena fase sperimentale di mélodies e progetti irrealizzati (per una forma estrema di perfezionismo del compositore?). Nella poetica dell’incertezza, proclamata da Maeterlinck e Debussy, non sappiamo nemmeno di fronte a che genere di personaggi ci troviamo: esseri viventi oppure ombre irreali di cui la musica restituisce all’ascolto i profili evanescenti e le più sottili allucinazioni?”.

Nell’atto di dare una risposta a tale quesito, Barbe & Doucet raccontano la visione generatrice del loro allestimento: “Nel 1889, Debussy immaginò il suo librettista ideale: “Uno che, scrivendo le cose a metà, mi consentirebbe di innestare la mia drammaturgia sui suoi personaggi. Personaggi che si sottomettono al destino senza esitazione e la cui storia non appartenga ad alcun tempo o luogo”. Maeterlink incarnava tali requisiti. Debussy era particolarmente attratto dallo Spiritismo, come testimoniato dalla sua ultima opera incompiuta La Caduta della casa degli Usher di cui fu sia compositore sia autore del libretto basato sul romanzo di Edgar Allan Poe. Nei suoi scritti, sua figlia Emma menzionava tale attrazione verso il mondo degli spiriti e dopo la morte del padre cercò di entrare in contatto con lui. Secondo Allan Kardec, lo Spiritismo è una scienza che studia la natura, la genesi, il destino degli spiriti e la loro relazione con il mondo fisico, il movimento nacque a Parigi alla fine del XIX secolo e si diffuse in tutta Europa. Abbiamo preso questa strada nell’ideare la nostra nuova produzione Pelléas et Mélisande. In quest’opera, i conflitti tra i personaggi sono espressi ma mai risolti”.

“Ritrovata sulle sponde di un fiume (forse lo Stige), Mélisande si rivela uno spirito perduto isolato nella propria malinconia – proseguono Barbe & Doucet. Nonostante gli occhi siano la finestra dell’anima, non è facile individuare uno spirito perduto che, come Mélisande, ha subìto un evento talmente tragico da non riuscire più ad amare: è uno spirito alla deriva. Dopo la morte brutale di Pelléas, Golaud si unisce a questa famiglia di spiriti solitari che dovranno trovare la pace prima di terminare il loro viaggio. Die Toteninsel (L’Isola dei morti) dell’artista simbolista Arnold Böcklin costituisce una serie di 5 dipinti realizzati tra il 1880 e il 1886, e l’allestimento è un’interpretazione di queste opere. Circondato d’acqua, il Royaume d’Allemonde è l’isola dei defunti dove queste entità sono intrappolate. Pelléas et Mélisande è un’opera che racconta queste anime e il loro inabissamento, dove le forze della natura trascinano i personaggi sul fondo dell’amore proibito e niente è raggiungibile, neanche attraverso la morte”.