Recensioni - Cultura e musica

“Epilogo del II Festival ParmaDanza con il Lago dei Cigni della Scala in trasferta e una Marta Romagna in splendida forma”

Lo scorso 20 e 21 novembre, a chiusura del II Festival ParmaDanza, abbiamo assistito, nella splendida cornice del Teatro Regio, al...

Lo scorso 20 e 21 novembre, a chiusura del II Festival ParmaDanza, abbiamo assistito, nella splendida cornice del Teatro Regio, alla rappresentazione de Il Lago dei Cigni con il Corpo di ballo del Teatro alla Scala su coreografia di Vladimir Bourmeister (II Atto Lev Ivanov) ripresa da Florence Clerc e dal Direttore del Ballo Frédéric Olivieri.
Questo spettacolo fa parte del calendario della passata stagione del corpo di ballo scaligero anche se è andato in scena nuovamente al Teatro degli Arcimboldi a Milano anche tra il 12 e 16 novembre.
Qui a Parma non c’era il cast principale che abbiamo visto il 13 novembre a Milano ed i ruoli principali sono stati affidati a Marta Romagna e Alessandro Grillo, entrambi Principal nella compagnia scaligera. La Romagna, che è una ballerina dalle ottime doti tecniche, interpretava il doppio ruolo di Odette/Odile, è subito apparsa in ottima forma: bella negli adagi, con splendide linee, sicura nelle variazioni. Ha dato prova della sue alte potenzialità tecniche nei fouettés ben eseguiti del “Cigno Nero”, nella cui interpretazione era evidentemente più a suo agio per le peculiarità espressive personali: Brava!
Il Principe Siegfried è stato interpretato da Alessandro Grillo che, pur dando una prova tecnicamente precisa, pulita e in buona sintonia nel partneraggio, ci è sembrata un po’ contenuta senza sorprenderci con particolari “esplosioni”. Qualche perplessità per la sua interpretazione forse troppo sorridente, astratta e poco riflessiva, in alcuni momenti salienti del balletto.
Il Lago di Bourmeister, rappresentato per la prima volta nel 1953 a Mosca, è da considerare un gioiello, forse uno dei migliori mai coreografati e si presenta con delle particolarità rispetto alle più classiche versioni partendo dalla capostipite di Petipa e le successive rielaborazioni di Ivanov, Grigorovich, Vassiliev, Nureyev, ecc. in repertorio nelle più grandi compagnie.
Innanzitutto la storia è preceduta da un prologo e termina con un epilogo: nel prologo si vede come Odette, per effetto di un maleficio di Rothbart, venga trasformata in cigno e alla fine risulta evidente come il vero amore di Siegfried, rompendo questa magia, le ridoni le sembianze umane. Poi, il tradizionale “pas de trois”, tra il Principe e due anonime ragazze della corte, viene sostituito da un “pas de quatre” tra due amici del Principe stesso e le loro partners; questi ruoli sono stati rispettivamente assegnati a Massimo Dalla Mora e Antonino Sutera, che hanno dimostrato sicurezza e buona sincronia anche nella variazione di coppia, e a Lara Montanaro con Monica Vaglietti risultate invece un po’ incerte nei tours a manège e nelle pirouettes delle variazioni.
Altra importante novità è che Bourmeister ha voluto conservare il più possibile la sequenza musicale dei brani così come Tchaikovsky li aveva concepiti: questo implica, che riprendendo la musica tradizionalmente associata al “Cigno Nero” nel terzo atto, l’ha riposiziona al proprio posto nel primo dando così a Siegfried l’opportunità di ballare anche in questa sezione una variazione ed un “pas de deux” con una giovane principessa qui graziosamente interpretata da Gilda Gelati. Il Buffone di corte, ruolo di solito assegnato ad un solista di statura non elevata, ma dalle solide capacità tecniche per le evoluzioni quasi circensi da eseguire, è stato affidato a Maurizio Licitra che, oltre a soddisfare le aspettative, ha carpito la nostra attenzione per un’accattivante interpretazione guadagnandosi così un buon successo personale di pubblico.
Per il secondo atto questa edizione mantiene la coreografia, intramontabile e dalle linee perfette, elaborata da Lev Ivanov con le diciotto ballerine/cigno in tutu bianco e le sette soliste. In questa parte il corpo di ballo femminile ha dato il meglio di sé rispettando i canoni voluti da Ivanov con un buon allineamento nelle file, anche se talvolta non precise, massimo rigore nelle braccia e nella sincronia della velocità di esecuzione dei disegni coreografici. Ottima la prova delle quattro soliste nella celebre variazione dei Piccoli cigni, perfetta, danzata non con la solita meraviglia di robotica sincronizzazione, ma ingentilita da movimenti arrotondati seppur decisi. Qualche incertezza proprio nell’assieme invece per le tre soliste nel valzer dei Grandi cigni. Dobbiamo osservare che l’attenta direzione di Frédéric Olivieri ha già dato i suoi frutti.
Nel terzo atto le danze di carattere vengono affidate non, come solitamente accade, ai seguiti delle quattro principesse di diverse nazionalità invitate alla festa in onore del Principe, ma all’entourage di Rothbart che irrompe nel salone con la figlia Odile nelle sembianze di Odette. Molto apprezzate nello spettacolo e con la giusta verve la danza spagnola, affidata ad un quintetto di quattro ballerini, dalle buone doti tecnico/interpretative più una solista e la danza napoletana, frizzante e decisa, affidata invece a sei ballerine ed una solista. Non altrettanto convincenti, anche se coinvolgenti, le danze di carattere Ungherese e Polacca, ambedue per corpo di ballo, apparse un po’ sotto tono ed, in qualche momento, statiche. Non figurava per niente la danza russa, solitamente considerata un piccolo gioiello per le difficoltà stilistiche.
Per il passo a due del “Cigno Nero”, Bourmeister ha impiegato i brani musicali che proprio Tchaikovsky ha dedicato a questo evento, brani usati anche dal celebre coreografo Balanchine per il famoso Tchaikovsky Pas de Deux. Di effetto la chiusura del quarto atto con la simulazione scenica delle onde ed epilogo.
Possiamo dire, riassumendo, che, pur non essendo il primo cast visto agli Arcimboldi, la compagine scaligera ha offerto, anche in trasferta, uno spettacolo piacevole e di buon livello generale, molto apprezzato dal pubblico con diverse chiamate a proscenio alla fine e in un teatro tutto esaurito.
Imponenti e curate le scenografie di Roberta Guidi di Bagno del primo e terzo atto; peccato per le tre grandiose campate di archi viste a Milano qui purtroppo ridotte a una più due tronconi per ragioni di spazio. Belli e di buona fattura i costumi.
L’orchestra del Teatro Regio si è distinta in tutte le sezioni sotto la guida di David Garforth che, seppur con qualche incomprensione di sincronia con i solisti, rimane un istrione nella conduzione delle partiture di balletto e gradito ospite in Italia in questo periodo.
Il nostra plauso, infine, alla direzione del Festival ParmaDanza e allo staff del Regio che, pur nelle difficoltà organizzative di un calendario così fitto, denso e diversificato, ha saputo proporre spettacoli godibili ed apprezzati con Compagnie di alta levatura tecnico-artistica.
Attendiamo ansiosi gli annunci per il palinsesto ParmaDanza 2005.

Giovanni Cordioli e Sonia Baccinelli 21 novembre 2004