Recensioni - Cultura e musica

3 x 4 = 40

I 40 anni dal debutto di Placido Domingo in Arena festeggiati con un gala comprendente rispettivamente il quarto atto di Otello, Cyrano e Carmen

Per festeggiare i 40 anni dal debutto italiano di Placido Domingo, avvenuto a Verona nel 1969, la Fondazione Arena ha allestito un gala comprendente tre atti di altrettanti titoli operistici scelti all’interno del vastissimo repertorio del celebre tenore. Abbiamo così avuto modo di ascoltare il quarto atto dall’Otello di Verdi, il quarto atto dal Cyrano di Alfano ed il quarto atto da Carmen di Bizet.
Inutile sottolineare che la serata si è risolta in un successo trionfale: per il protagonista, che si riconferma artista di riferimento nel panorama lirico attuale; per l’Arena, che ha saputo organizzare uno spettacolo di eccellente qualità.

Chi si aspettava di sentire nella voce del tenore spagnolo il peso dei 40 anni di carriera ha dovuto ricredersi. Lo strumento, grazie ad una tecnica da sempre riconosciuta come impeccabile, lascia trasparire ben poco dei segni del tempo, e, nonostante il timbro si sia ulteriormente scurito (in autunno è previsto il suo debutto nel ruolo di Simon Boccanegra), gli acuti sono sempre squillanti e raggiunti con relativa facilità.
Se questi sono i Pregi del cantante, ancora maggiori sono quelli dell’interprete: presenza scenica e magnetismo sono quelli da grande artista del palcoscenico che, oltre a cantarli egregiamente, riesce a delineare tre personaggi tanto differenti tra loro quanto convincenti e credibili.
Il suo Otello, ruolo forse in cui più di tutti si è identificato, è sì fisico e irruento, ma allo stesso tempo dolente e umano nel momento di raccoglimento sulla sposa agonizzante. Domingo non canta Otello, Domingo è Otello: furia, rabbia, dolore sono sentimenti veri, almeno così noi li percepiamo.
Ottima partner in questa scena si è rivelata Teresa Romano nel ruolo di Desdemona: pur con un timbro più da soprano drammatico che lirico, ha cantato un’ottima canzone del salice ed un’Ave Maria intensa e toccante, ottenendo un meritato successo personale.
Il quarto atto di Cyrano, al contrario del titolo precedente, non può contare su una musica altrettanto ispirata: il tutto si risolve su un lungo e relativamente anonimo recitativo, che conosce qualche sprazzo di lirismo solo nell’ampio arioso della lettera. Nonostante questo Domingo ha saputo delineare alla perfezione un personaggio malinconico, ormai cosciente di essere giunto alla fine dei suoi giorni, ma senza retorica autocommiserazione. La voce scivola sicura sul tappeto orchestrale e si fonde con quella altrettanto ammaliante della Roxane di Isabelle Kabatu, sua eccellente partner in questo secondo titolo. Eccellenza che, al contrario, non si può riconoscere alla Carmen di Nancy Fabiola Herrera che, pur cantando la parte con la dovuta correttezza, manca di quella sensualità e di quel fascino intrigante che dovrebbero essere gli elementi caratterizzanti la sigaraia di Siviglia. Inutile pertanto sottolineare che Domingo ha dominato anche in questo caso la scena diventando, lui solo, il perno dell’azione.
Da segnalare nelle parti di contorno i funzionali Simone Piazzola, Rossana Rinaldi, Luca Casalin, Antonio De Gobbi, Elia Fabbian, Maria Cioppi.
Buona la prova dell’orchestra sotto la direzione rispettivamente di Pier Giorgio Morandi (Otello e Carmen) e Patrick Fournillier (Cyrano)
Un discorso a parte merita però l’interessante apparato scenico: sfruttando un’idea che aveva fatto già la sua comparsa in Arena in una Madama Butterfly di una decina di anni fa, con ben altri esiti, la scenografia era costituita da un grande pannello bianco che rivestiva le gradinate, sul quale venivano proiettate via via le scenografie che caratterizzavano i vari ambienti, mentre sul palco una serie di archi serviva a delineare i luoghi d’azione.
Va detto che se nella Butterfly sopracitata l’idea era sembrata sì interessante ma bisognosa di ulteriori sviluppi, adesso, dopo due lustri, e con un apparato tecnologico di ben altro livello, la soluzione appare molto più convincente. Quello che allora era solo un insieme di buone intenzioni adesso ha permesso di creare suggestivi fondali rappresentanti ora una rocca di Cipro in piena tempesta, ora il chiostro di un monastero in autunno, ora la Plaza de toros di Siviglia, in un costante cambio di forme e colori che creavano un colpo d’occhio di grande suggestione, in particolare nell’atto di Cyrano. A mio avviso una via che merita di essere perseguita dalla Fondazione Arena anche in eventuali future produzioni di opere complete, soprattutto in tempi di austerity finanziaria in ambito culturale come quelli in cui ci troviamo.
Al termine dello spettacolo un anfiteatro gremito ed entusiasta ha tributato applausi entusiasti  a Domingo ed a tutti coloro che hanno contribuito a rendere speciale questa serata.

Davide Cornacchione 24 luglio 2009