Sicuramente l’impatto visivo di 300, film di Zack Snyder ispirato a un fumetto, è efficace se non per certi versi esaltante. Il fi...
Sicuramente l’impatto visivo di 300, film di Zack Snyder ispirato a un fumetto, è efficace se non per certi versi esaltante. Il film ottiene l’effetto di tenere lo spettatore incollato alla sedia grazie ad una trama serrata e ad una visionarietà quasi fantascientifica. Tuttavia la pellicola risulta per diversi aspetti inquietante nei contenuti e occhieggia ad una propaganda subliminale strisciante abilmente nascosta sotto le vesti di un film d’azione.
La storia è presto detta : i trecento opliti capeggiati dal Re di Sparta Leonida si immolano al passo delle Termopili per fermare l’avanzata dell’armata conquistatrice del Re persiano Serse. Ora senza soffermarci sugli aspetti più banalmente retorici del film, che però sembrano direttamente parlare alla nostra realtà, o più precisamente alla realtà americana, e che sono nell’ordine l’esaltazione della morte in battaglia e la perversione e immoralità del nemico, argomenti che sembrano messi lì a bella posta per rinvigorire l’arruolamento di soldati disposti ad andare a farsi ammazzare in Iraq e a rinserrare le fila della lotta contro un nemico tanto malvagio quanto sfuggente. Sarà poi un caso che molti dei soldati di Serse assomiglino agli arabi contemporanei? Queste giuste critiche sono state sollevate da più parti pur lasciando il tempo che trovano.
La mia riflessione vuole incentrarsi su un altro aspetto del film che trovo ben più inquietante : l’apologia della selezione della razza. Il film inizia con la nascita di Re Leonida, il bambino viene esaminato come tutti gli spartani per valutare la sua normalità, l’assenza di difetti fisici e la robustezza; il tutto avviene dall’alto di una rupe sotto la quale si ammassano decine di scheletri di altri infanti scartati perché non corrispondevano alle caratteristiche fisiche di un buon spartano. Fin qui si potrebbe obbiettare che si tratta di un fatto storico, se non che più avanti nel film, durante la marcia verso le Termopili, viene introdotto il personaggio di un gobbo deforme che segue l’esercito degli Spartani. Si verrà a scoprire che questo gobbo deforme altro non è che uno di quei bambini destinati ad essere scartati ma inopinatamente salvato con uno stratagemma dai suoi pietosi genitori. Questo orrendo personaggio prega il Re Leonida di farlo combattere con l’esercito spartano, di farlo ritornare, nonostante la sua deformità, ad essere un tassello utile nella comunità-esercito. Si noti che nella fitta e serrata azione della pellicola, che dipana per la maggior parte del tempo scene di battaglia, questa risulta essere una delle scene riflessive più lunghe. Il re Leonida pur con gentilezza risponde al gobbo che i suoi difetti fisici non gli permettono di essere un valido supporto all’esercito e che farebbe meglio a occuparsi della raccolta dei cadaveri sul campo di battaglia.
Già questa risposta sottintende e neanche tanto velatamente che la società spartana è una società di successo, vittoriosa, potente grazie alla selezione compiuta uccidendo i nati deformi o gracili, il che potrebbe essere sufficientemente aberrante, ma la pellicola va oltre : infatti nel prosieguo il gobbo deluso da questa risposta viene tentato dalle spie persiane e tradisce i suoi portando Re Leonida alla morte. Come a dire: la deformità fisica è segno di perversione morale, la minorazione fisica, la diversità, l’handicap altro non sono che emanazioni visibili di una turpitudine morale e bene facevano gli spartani ad eliminare preventivamente qualsiasi nascituro che potesse portare queste caratteristiche. Siccome poi il film sottintende che la società spartana è la società ideale, su cui si fonda tutta la nostra civiltà occidentale, permeata di valori positivi che vengono esaltati dal confronto con i Persiani, dipinti come malvagi e perversi, si arriva al messaggio finale e cioè che una società modello si può tranquillamente basare sulla selezione della razza, sull’eliminazione fisica di chi è minorato, diverso o in qualche modo altro rispetto al modello imposto di uomo ideale. Qualcosa di simile veniva sostenuto non troppi anni fa da un imbianchino austriaco che poi ebbe una imprevedibile fama politica anche se negativa.
Certo si potrà obbiettare questi messaggi non sono palesi, la pellicola potrebbe essere semplicemente presa come un film d’azione, la cosa potrebbe essere frutto di una casualità, tuttavia ritengo che ormai la propaganda abbia preso le forme acconce ad una società mediaticamente evoluta e si nasconda nelle pieghe del subliminale. Oggi per chiunque è facile bollare i film della regista nazista Leni Riefenstahl come propaganda, ma nel 1936, all’uscita per esempio di Olympia, nessuno o pochi intellettuali si erano accorti del messaggio propagandistico abilmente celato in essi.
Oggi ridiamo forse della recente esposizione mediatica dei marinai Inglesi catturati dal regime iraniano e costretti a esporsi con delle confessioni televisive: è vero da noi cose di questo genere sono agli occhi di chiunque palese propaganda, ma probabilmente sulla popolazione locale hanno ancora un effetto, magari questi documenti non sono letti come propaganda. Nella nostra società della comunicazione anche la pubblicità si è evoluta, il prodotto non viene più pubblicizzato direttamente, ma in modo occulto, si utilizzano gli elementi subliminali, nascosti dei modelli comunicativi. La stessa cosa accade alla maggior parte del pubblico quando vede un film, soprattutto un film come 300, che contiene una serie di messaggi aberranti che mi riesce difficile credere siano frutto del caso e non di una strategia comunicativa abilmente manovrata. Il tutto ovviamente nascosto sotto la patina di un riuscito film d’azione che fa l’occhiolino ai videogiochi.
R. Malesci