Recensioni - Cultura e musica

A Roma il Gloria di Vivaldi

Bella edizione del Gloria di Vivaldi con la direzione di Fabio Biondi

Un concerto molto ricco di materiale e di spunti quello tenutosi sabato 8 aprile a Roma all’Auditorium Parco della Musica. Sotto la direzione del Maestro Fabio Biondi, con l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia, sono stati eseguiti il concerto in sol minore RV 152 per archi e basso continuo, la sinfonia dall’opera Ercole sul Termodonte RV 710, il concerto in re maggiore per violino, archi e basso continuo “Per la Signora Chiara” RV 222, il concerto in fa maggiore per violino e orchestra RV 282 e il famoso Gloria in re maggiore per soli, coro e orchestra RV 589.

Quello che oggi è considerato uno dei più importanti compositori del periodo barocco (nonché di tutta la storia della musica occidentale), Antonio Vivaldi, nato a Venezia nel 1678, detto il “Prete Rosso” per via della capigliatura, in realtà fu completamente dimenticato dopo la morte avvenuta in completa indigenza a Vienna nel 1741. Il corpus della sua vasta produzione musicale costituito principalmente da ventisette tomi di partiture autografe contenenti almeno cinquecento concerti oltre ad altre composizioni di varia natura, pervenne nella seconda metà del ‘700 alla famiglia del Conte Giacomo Durazzo, ambasciatore imperiale a Vienna tra il 1764 e il 1784. La copiosa eredità, gelosamente custodita per generazioni dai Conti di Durazzo, entrò finalmente a far parte ufficiale del patrimonio musicale italiano solo negli anni 30 del ventesimo secolo alla conclusione di un complesso iter legale che vide contrapposti gli eredi della famiglia contrari alla pubblicazione e all’esecuzione della musica di Vivaldi e lo Stato italiano intenzionato invece a renderne pubbliche le composizioni permettendone anche l’esecuzione senza restrizioni. La storica impresa fu realizzata grazie all’interesse di diverse personalità anche di fama internazionale come i compositori Ezra Pound, Alfredo Casella ed il musicologo danese Peter Ryom che si occuparono di studiare, catalogare e rendere nota al grande pubblico l’immensa produzione musicale di questo grandissimo compositore. Dagli anni ’50 del ventesimo secolo la rinascita vivaldiana non ha mai conosciuto un rallentamento.

Il concerto in sol minore per archi e basso continuo RV 152 fa parte dei cosiddetti concerti senza strumenti solisti, o concerti di ripieno, per usare la terminologia usata dal Vivaldi sulla partitura originale. La composizione è suddivisa nella tipica struttura tripartita: Allegro molto, Andante molto e sempre pianissimo, Allegro molto. Il primo movimento è caratterizzato da contrapposizioni tra il forte ed il piano orchestrale ma anche tra i diversi blocchi orchestrali tramite imitazioni e figure contrappuntistiche. Il secondo movimento è più sommesso, con una linea melodica dei violini in pianissimo, accompagnata dal resto degli archi. L’ultimo tempo è un energico fugato caratterizzato da un tema rigoroso e da uno stile severo quasi fosse una composizione destinata all’esecuzione sacra. Quest’ultimo tempo, come molte altre composizioni simili sia nell’ambito dei concerti che in quello della musica sacra, contribuisce a sfatare il mito che dipingerebbe Vivaldi come compositore “anticontrappuntistico”.

L’opera Ercole sul Termodonte RV 710 fu eseguita nel 1723 a Roma al Teatro Capranica, con la direzione dello stesso Vivaldi, durante un soggiorno romano che durò presumibilmente un paio di anni attorno al 1723. In questo periodo Vivaldi entrò in contatto con la scuola musicale romana ed in particolare con Arcangelo Corelli, uno dei suoi più importanti rappresentanti. Il Prete Rosso ebbe quindi modo di interiorizzare spunti e tecniche musicali che poi resteranno amalgamati nel suo stile compositivo. La sinfonia eseguita funge da introduzione all’opera stessa e si apre con un pezzo vivace e concitato (allegro), seguito da una sezione centrale più calma (adagio). L’ultimo tempo, quasi un tempo di minuetto, conclude brevemente il brano (allegro).

I due concerti RV 222 e RV 282 sono correlati all’attività di compositore di musica per orchestra che Vivaldi ricoprì, tra i diversi ruoli affidatigli, all’Ospedale di santa Maria della Visitazione o della Pietà, a Venezia. L’Ospedale della Pietà era una delle quattro istituzioni caritatevoli che si occupavano principalmente dell’educazione e del recupero delle giovani orfanelle o figlie illegittime. L’Ospedale della Pietà in particolare era noto per l’attività educativa musicale riservata alle giovani putte: un’educazione di primordine che garantiva loro un futuro in campo musicale come esecutrici o cantanti. Il livello era alto e permetteva a Vivaldi di esprimersi senza troppi freni nella sua arte compositiva, creando pagine indimenticabili sia nel campo della musica strumentale (per lo più concerti per svariati gruppi di strumenti solisti) che in quello della musica sacra (solitamente composizioni a una o due orchestre con soli e coro). Nel periodo di formazione, le putte eseguivano i concerti per lo più nella Chiesa della Pietà, nascoste dietro a grate che ne garantivano il completo anonimato. Vivaldi dedicò alcuni suoi concerti a specifiche esecutrici che eccellevano nell’arte di suonare determinati strumenti come il violino, il flauto, l’oboe, il fagotto ecc ecc, a volte dandone indicazione direttamente nelle partiture originali.

Nel caso del concerto per violino e orchestra in re maggiore RV 222 “dedicato alla Signora Chiara” la dedica si trova in una delle copie non autografate del manoscritto originale. Il brano richiede un buon livello di virtuosismo del violino soprattutto nel primo e nel terzo movimento. In particolare, nel primo movimento si evidenziano l’uso dei bicordi e una tessitura acuta ed incisiva, alternata ai pieni orchestrali. Il terzo movimento presenta un primo intervento del violino piuttosto veloce ed articolato, seguito da incursioni orchestrali anche nelle tonalità relative minori. Nel secondo movimento, di natura più tranquilla, prevalgono invece le caratteristiche più espressive del violino.

Il concerto per violino, archi e basso continuo in fa maggiore RV 282 inizia con una sequenza di accordi in un inconsueto Allegro poco, che si sviluppa in modo assai articolato tra interventi solistici e pieno orchestrale. Il secondo movimento, un largo, è caratterizzato dalla melodia del violino solo, di tanto in tanto interrotto dall’orchestra tramite ritmi puntati. Il terzo movimento presenta la ripetizione del ritornello orchestrale che si alterna ai vari episodi virtuosistici del violino: un espediente compositivo che andrà sempre più affermandosi nello stile vivaldiano e avrà influenze anche sui futuri sviluppi della musica da concerto.

Il Gloria in re maggiore per soli, coro e orchestra RV 589 fu verosimilmente scritto attorno al 1716. Ne esiste anche una versione alternativa, il Gloria RV 588 e ci sono evidenze dell’esistenza di una terza versione, anche se purtroppo non pervenuta fino a noi. Queste composizioni furono scritte più o meno nello stesso periodo, tra il 1716 e il 1720. Nella loro scrittura Vivaldi tenne ben presente il lavoro di un musicista veronese, Giovanni Maria Ruggeri, autore di un Gloria di epoca precedente: ne studiò la partitura ed incluse nel suo Gloria RV 589 due pezzi, copiandoli direttamente (anche se con alcune modifiche minori): il Qui tollis peccata mundi e la fuga finale Cum Sancto Spiritu. Scritto per un organico che comprende due soprani e un contralto, coro a quattro parti, orchestra d’archi, tromba, oboe e basso continuo, l’ampia pagina musicale si articola in dodici pezzi che alternano coro, arie, pezzi misti tra solisti e coro e cori in forma di recitativo. Il testo del Gloria viene liturgicamente definito come “dossologia maggiore” ed è da intendersi come riferimento alla Pasqua. Tra i vari pezzi ricordiamo il vivace coro iniziale “Gloria in excelsis Deo”, il secondo coro “Et in terra pax”, il duetto “Laudamus Te”, l’aria del soprano “Domine Deus Rex coelestis”, il coro in forma di fugato “Domine Fili unigenite”, l’aria del contralto, con coro, “Domine Deus, Agnus Dei” ed anche il coro finale “Cum Sancto Spiritu”.

Il Maestro Fabio Biondi inizia la sua carriera internazionale molto giovane e il suo talento come violinista lo porta a collaborare con i più famosi ensemble specializzati nell’esecuzione di musica antica con tecniche e strumenti originali. Nel 1989 fonda Europa Galante, che in breve tempo diventa l’orchestra italiana più famosa e premiata a livello internazionale nel campo della musica antica, con esecuzioni nei teatri e nei festival più prestigiosi come La Scala, L’accademia di Santa Cecilia, la Suntory Hall di Tokio, il Concertgebouw di Amsterdam, la Royal Albert Hall di Londra, il Musikverein di Vienna e la Sydney Opera House. Il Maestro oggi incarna la ricerca continua e libera da dogmi del linguaggio originale. Questa inclinazione lo spinge a collaborare anche come solista oltre che come direttore d’orchestra e i suoi interessi spaziano dalla musica antica al periodo preromantico e romantico.

Il soprano Marie Lys è una valente e talentuosa specialista del canto lirico barocco, avendo vinto tra l’altro numerosi premi e concorsi internazionali nell’ambito della musica lirica barocca. Tra le produzioni a cui ha partecipato ricordiamo le opere ed oratori di Handel Ariodante, Lotario, Orlando, Solomon, Il trionfo del tempo e del disinganno, Messiah. Ma anche Werther di Massenet, Candide, Tamerlano di Vivaldi.

Il mezzosoprano Lucia Cirillo, vincitore di prestigiosi concorsi internazionali come AsLiCo e Toti Dal Monte, canta nei più importanti teatri come La Scala, La Fenice di Venezia, il Massimo di Palermo, il San Carlo di Napoli, l’Opéra di Parigi, il Regio di Torino, il Real di Madrid, il Concertgebouw di Amsterdam e la Deutsche Oper Berlin, per nominare i più importanti. Il suo repertorio è molto vasto e spazia dal barocco al belcanto, fino a compositori come Moussorgsky, Prokofiev e Strauss con particolare interesse verso il Lead tedesco e la musica da camera. Ha cantato opere di Monteverdi, Handel, Mozart, Rossini, tra le quali ricordiamo Rosina nel Barbiere di Siviglia, Dorabella in Così fan tutte, Donna Elvira in Don Giovanni.

L’esecuzione del concerto, articolata tra musica orchestrale e musica sacra, ha permesso di mettere in evidenza il talento degli esecutori in contesti diversi. Nei concerti della prima parte della serata il Maestro ha potuto esibire la sua tecnica strumentale misurandosi con lo stile violinistico di Vivaldi nelle sue forme più varie: dai salti d’ottava, ai bicordi, dagli arpeggi in rapida sequenza ai giochi d’imitazione con l’orchestra, come pure ai momenti più espressivi degli adagi, con le note del violino suonate in pianissimo, soprattutto nei concerti RV 222 ed RV 282. Anche l’ensemble ha dato prova di grande perizia esecutiva ed espressiva anche nei brani più complessi come ad esempio il fugato finale del concerto RV 152. A questo si aggiunge anche un approccio interpretativo ed esecutivo non comune nella musica barocca: dosando improvvise modulazioni tra piano e forte oppure variando repentinamente la velocità di esecuzione, il Maestro ha ottenuto degli effetti particolari che hanno impreziosito alcuni passaggi chiave. Ha colpito in particolare l’esecuzione del primo movimento del RV 222, con il contrasto tra le frasi chiave del violino suonate più lentamente e la repentina ripresa di velocità nella risposta orchestrale.

Allo stesso modo anche l’esecuzione del Gloria ha mostrato l’uso di soluzioni interpretative ed esecutive originali, riconducibili spesso al gioco di contrasti tra piano e forte oppure tra legato e staccato nell’esecuzione dei cori. Questi contrasti hanno contribuito a sottolineare spesso il significato profondo del testo religioso e hanno creato effetti ritmici interessanti che hanno rafforzato l’efficacia della struttura musicale originale dei brani. Una nota di merito va alla brillante esecuzione del duetto “Laudamus Te” dove soprano e mezzosoprano hanno messo in evidenza tutte la loro bravura e la capacità di interagire come parti diverse in un unico elemento perfettamente coeso. Anche il coro ha dimostrato grande perizia esecutiva nelle parti più complesse, come il fugato del “Domine Fili unigenite”, ma anche nelle parti più drammatiche come il meraviglioso “Et in terra pax”, forse il brano più bello dell’intera composizione. Qui gli esecutori hanno saputo rendere perfettamente l’atmosfera drammatica e l’incredibile costruzione armonica che Vivaldi è riuscito a creare: un vero capolavoro.

La produzione barocca italiana gode sicuramente di una grande importanza dal punto di vista artistico e storico, vantando musicisti del calibro di Vivaldi, Corelli, Domenico Scarlatti, Pergolesi ed è un peccato che non sia eseguita con la dovuta frequenza nelle sale da concerto e nei festival italiani. Questo concerto ha avuto quindi anche il merito di promuoverne la diffusione e la conoscenza.

Un lungo applauso ha concluso il concerto, al termine del quale il Maestro ha concesso anche un bis del coro “Domine Fili unigenite”.