Recensioni - Cultura e musica

ALEXANDER ROMANOVSKY TALENTO, STUDIO E VIRTUOSISMO NEL RECITAL PROPOSTO AL SETTEMBRE DELL’ACCADEMIA

Dove qualche imprecisione rende il pianista più umano

Il recital pianistico del 24 Settembre presso il Teatro Filarmonico di Verona ha visto sul palco il trentenne Alexander Romanovsky, nato in Ucraina ma naturalizzato italiano.
C’è un che di incongruente tra la sua figura così giovane e fresca e l’atteggiamento serio, maturo e quasi rigido con il quale approccia la Sonata per pianoforte n. 30 in Mi maggiore Op. 109. L’esecuzione imperativa e veloce sottolinea la sua maestria e il virtuosismo che lo caratterizzano e sembra andare leggermente a discapito dell’interpretazione.


Ma qualche imprecisione arriva al nostro orecchio e ci consente di intravedere l’altro lato del talento,  rendendo magistrale una esecuzione che avrebbe invece avuto il sapore dell’aridità.
L’inversione dell’ordine di esecuzione porta quindi a concludere la prima parte del concerto con Variazione su un tema di Paganini Op. 35 di Johannes Brahms. Quasi fosse stato necessario il tardo Beethoven per scaldarsi, le difficoltà tecniche di Brahms ci rimandano una interpretazione lucida e senza esitazioni. Un rigore interpretativo che fa apprezzare ancor di più questo pianista dall’aria tormentata.
La seconda parte del recital è interamente dedicata a Fryderyk Chopin con le Ballate n. 2 in Fa maggiore Op. 38 e n. 4 in Fa minore Op. 52, e con la Sonata n. 2 in Si bemolle minore Op. 35. Le due ballate, a livello interpretativo, conservano ancora il sapore dell’esecuzione virtuosa, energica e con un lirismo trattenuto. Le note quasi si sovrappongono dalla velocità di esecuzione. Accade però che gradualmente la rigidità lasci spazio alla fluidità, mentre  i toni si fanno più morbidi, delicati e intensi. Infine la Sonata ci permette di godere di quella sensibilità di cui parla il New York Times riferendosi a Romanovsky, facendoci intravedere un interprete che sa accompagnarci sul sentiero della musica per pianoforte in tutte le sue sfaccettature.
Lo scroscio degli applausi al Filarmonico raggiunge l’apice e questo “giovane serio” ci lascia con due bis: una Mazurka di Chopin e lo Studio op. 8 n. 12 di Skrjabin che ci trasmettono una veemenza ed una foga tipica dei giovani, quale infine Romanovsky si è rivelato.

Valeria Bisoni  26 Settembre 2014