Recensioni - Cultura e musica

Al Settembre dell’Accademia l’Orchestra da camera di Basilea con la solista Patricia Kopatchinskaja per un programma che abbina musiche del ‘700 e del ‘900

Un orchestra senza direttore ed una giovane solista a piedi nudi per il settimo concerto del Settembre dell’Accademia

In una sala piena  ci ritroviamo in prima fila per ascoltare da una orchestra barocca un programma assolutamente posteriore all’epoca.
Ci stupisce un po’ vedere che l’orchestra, fondata nel 1984 per volontà di un gruppo di musicisti, si presenta senza direttore ma con il primo violino di spalla che ne fa le veci, ma questo altro non fa che consentirci di apprezzare ancor di più l’unione dell'ensemble, di circa venticinque persone fra archi e fiati che danno corpo e anima ad ogni brano suonato e portato alla nostra attenzione.

Particolare la scelta di saltare dal ‘700 al ‘900 per poi tornare al ‘700 con un programma che sembra seguire un percorso simile alla vita di un essere umano passando da una energia dinamica e allegra, quasi paragonabile all’entusiasmo giovanile,  ad una molto tesa e a tratti angosciante legata al dover affrontare i problemi che la vita ci pone davanti, per terminare poi con la sonorità godibile di una serena maturità  . Il concerto inizia quindi con la sinfonia in Re minore Op. 12 n.4 “La casa de diavolo” di Luigi Boccherini, forse la sua più nota sinfonia, portatrice di colore e allegria che immediatamente ci trasmette la coesione, l’affiatamento e la capacità tecnica di questa orchestra, per passare poi al Concerto per violino e orchestra in Sol maggiore (Hob. VIIa:4) di Franz Joseph Haydn  più cupo e a tratti accademico. L’esecuzione è impeccabile, precisa, elegante. La giovane solista moldava Patricia Kopatchinskaja ci accompagna in questo tratto del concerto con una sobria eleganza nell’esecuzione. Al termine della prima parte, quasi a voler smorzare il tono serioso precedente ci concede l’unico bis della serata con un brevissimo brano di Jorge Sánchez-Chiong, compositore nato nel 1961, che a mio parere è più un esercizio di elasticità che vera e propria melodia.
Dopo l’intervallo la serata riprende con il Concerto funebre per violino e orchestra d’archi di Karl Amadeus Hartmann, scritto nel 1939 e pregno della “disperazione intellettuale e spirituale del periodo” come diceva lo stesso Hartmann. Il clima di tensione, tristezza e angoscia vissuto all’occupazione nazista della Cecoslovacchia a cui si ispira l’autore è quasi palpabile e testimonia la straordinaria duttilità interpretativa di questa orchestra e di questa giovane violinista, impegnata anche nel sociale in progetti per l’infanzia in Moldavia, che suona a piedi nudi.  Ultima parte della serata per la Sinfonia n. 55 in Mi bemolle maggiore “Il maestro di scuola” di Haydn che rasserena grazie anche alla presenza nei suoi quattro movimenti del Minuetto.
Ringraziamo questo gruppo che si saluta abbracciandosi al termine della serata, anche se non ci sarebbe dispiaciuto un bis perché è sempre piacevole e non si smetterebbe mai di ascoltare musicisti così versatili.
Valeria Bisoni  29 Settembre 2012