Notre Dame, un successo mondiale con Victor Hugo sullo sfondo
Fa tappa anche a Milano il tour 2019/2020 di “Notre Dame de Paris” originariamente scritto da Luc Plamondon e musicato da Riccardo Cocciante a ventun anni dal suo debutto in Francia e a diciassette da quello in Italia, con i testi di Pasquale Panella.
A fare notizia è la ripresa quasi integrale del cast originale dello spettacolo, ad eccezione del personaggio di Esmeralda interpretata dalla vincitrice della prima edizione di “The Voice” Elhaida Dani che è subentrata a Lola Ponce. Leonardo di Minno ha sostituito Marco Guerzoni nel ruolo di Clopin, mentre per Fiordaliso Tania Tuccinardi ha preso il posto di Claudia D’Ottavi.
Fin dai primi minuti a incuriosire è la scenografia ideata da Christian Rӓtz: una parete occupante tutto il fondo del palcoscenico che si presta ad essere teatro di arrampicate, acrobazie, assalti, lotte e grazie alle nicchie ricavate dentro la pietra riesce ad essere anche porto sicuro per l’indifesa Esmeralda.
Altro espediente scenico interessante è il telo semitrasparente che consente, grazie a sapienti giochi di luce ed ombra ideati da Alain Lortie, di realizzare in un battito di ciglia dei cambi-scena per la ricerca di momenti più intimi.
Ottime anche le soluzioni che sfruttano i cavi d’acciaio, memorabili nella scena della festa dei folli, dove il neo-incoronato Quasimodo viene elevato grazie a una piattaforma sospesa; oppure nella corte dei miracoli quando Clopin canta da una trave d’acciaio calata dal soffitto; o in quella delle campane quando gli acrobati prestano il loro corpo per farle oscillare al ritmo della disperazione di Quasimodo. Giocano un ruolo importante anche le imponenti colonne mobili che sono ora muri opprimenti, ora piedistalli ed ora obelischi con svettanti Gargoyle.
Meno efficace è invece la drammaturgia, in cui un rapido susseguirsi di quadri d’effetto e la totale assenza di parti recitate non permettono ad uno spettatore ignaro della trama di comprenderne gli snodi essenziali e di seguirne lo sviluppo.
Il duro lavoro del narratore è affidato al poeta Gringoire interpretato da Matteo Setti, il cui lavoro attoriale si rivela essere uno dei meglio riusciti all’interno del cast: un poeta leggero, spensierato e innamorato dell’arte.
Valida anche l'interpretazione di Leonardo Di Minno che con la sua voce potente ed elastica associata ad una minima ricerca di fisicità ha creato un Clopin credibile. Giò di Tonno presenta un Quasimodo molto credibile nella voce e nelle movenze, supportato anche da un costume scarno, ma efficace.
Colpisce il Claude Frollo di Vittorio Matteucci che con le sue performance vocali ha saputo trasmettere la disperazione del casto uomo di chiesa innamorato perdutamente della freschezza di Esmeralda.
Meno convincenti invece le protagoniste femminili, Elhaida Dani si rivela un’ottima performer, ma, forse per la poca esperienza, pecca di interpretazione e di approfondimento nel lavoro sul fisico, rendendo così Esmeralda una ragazzina meno ingenua di quello che dovrebbe essere.
Fiordaliso nel primo atto risulta quasi assente, mentre nel secondo atto il personaggio ed il suo carattere vengono se non altro accennati. Risulta penalizzante l’assenza di background dei personaggi: la Fiordaliso di Hugo è nobile e non se ne fa cenno, mentre per completare il personaggio di Esmeralda manca qualsiasi accenno alla madre della stessa. Poco convincente anche Graziano Galatone, un Febo scarico, poco soldato e amante poco passionale.
Degno di nota è il gruppo di ballerini e acrobati, veri co-protagonisti e animatori di molte scene d’insieme, il lavoro del coreografo Martino Müller è stato un valido apporto per la resa scenica.
Padrona indiscussa è la musica di Riccardo Cocciante, estrema quando romantica e coinvolgente in scene corali, accompagnata da testi abbastanza semplici, ma di chiara comprensione ad un vasto pubblico. La predominante impronta stilistica del cantautore risulta sicuramente spettacolare, ma forse troppo persistente.
L’intento dell’opera pare essere più quello di incantare gli occhi e le orecchie dello spettatore con una lettura che spesso si dimentica della trama del romanzo di Victor Hugo, del quale vengono sfruttate solo le potenzialità emozionali.
Insomma un’opera organizzata in una serie di quadri musicali che ha fatto brillare gli occhi a milioni di spettatori in tutto il mondo, ma che lascia un sapore di amaro in bocca per l’assenza di quegli elementi teatrali che l’avrebbero resa, forse, davvero indimenticabile.
Stefano Maccarinelli 10/11/2019