Recensioni - Cultura e musica

Assaggi di Novecento al Settembre dell’Accademia

L’orchestra della Fondazione Arena in un’interessante esecuzione di Donatoni e Prokof’ev

Il penultimo concerto del Settembre dell’Accademia, che ha visto protagonisti l’Orchestra e il Coro dell’Arena di Verona, era quello che presentava il programma più ricercato e desueto, essendo anche l’appuntamento conclusivo della rassegna “Verona contemporanea”.
Purtroppo, come spesso accade, tale particolarità nella scelta delle musiche è stata sottolineata da una presenza di pubblico al Teatro Filarmonico sensibilmente inferiore alla media degli altri concerti. Il che è stato senza dubbio un peccato, poiché sia la selezione dei brani, sia la qualità dell’esecuzione hanno costituito motivo di indubbio interesse.

La prima parte del concerto, dedicata a Franco Donatoni nel decennale della scomparsa, si è aperta con una composizione che potremmo definire cameristica, ovvero “Hot per sassofono e strumenti”: una partitura in cui avanguardia e jazz si fondono nel dialogo tra il sax solista e un piccolo ensemble costituito da tromba, trombone, percussioni, clarinetto, piano e contrabbasso. Strumento quest’ultimo che non si limita a scandire il tempo, ma per la complessità e varietà della scrittura si trova a ricoprire un ruolo quasi di coprotagonista.
Ottima l’esecuzione del sassofonista Mario Marzi, affiancato dalle prime parti dell’orchestra dell’Arena, diretta da Ola Rudner, che è riuscito perfettamente  ad assecondare le esigenze dell’autore con un’esecuzione  che coniugava rigore e swing.
Di seguito abbiamo ascoltato “In cauda II”, brano per orchestra che, dopo un inizio convincente giocato sul dialogo archi – corni, ha in parte tradito le aspettative, rivelandosi formalmente meno interessante del precedente.
La seconda parte della serata era invece dedicata ad una composizione novecentesca che rientrava in un repertorio decisamente più frequentato, ovvero la cantata per soprano, coro e orchestra “Aleksander Nevskij” di Sergej Prokof’ev.
Tratta dalla colonna sonora che Prokof’ev scrisse per l’omonimo film di Sergej Eisenstein, questa partitura è una  tra le più ispirate del compositore, in essa infatti formalismo e tradizione melodica russa si fondono in maniera quasi ideale.
Dopo qualche perplessità nella prima parte, dovuta anche ad una non perfetta sincronia tra orchestra e coro, l’esecuzione ha via via acquisito in convinzione e smalto, ed a partire dalla Battaglia sui ghiacci, vero fulcro della partitura, è stato un continuo crescendo che ha portato ad una toccante interpretazione del Canto dei morti, in cui spiccava l’interessante voce del mezzosoprano Hermine May, per concludersi nella travolgente Entrata di Nevskij a Pskov.
Al termine della serata il pubblico ha applaudito con convinzione direttore, coro e orchestra, nonostante l’originalità del repertorio eseguito potesse far prevedere un maggiore distacco, non facendo rimpiangere le serate da “tutto esaurito”.

Davide Cornacchione 6 ottobre 2010