Recensioni - Cultura e musica

Bach e Schumann per un eccellente Sokolov

Il pianista russo in concerto al Teatro Ponchielli

Grigory Sokolov è una figura particolare all’interno del panorama pianistico attuale: pur essendo infatti uno dei più grandi interpreti presenti sulla scena internazionale, ha scelto di tenersi lontano dallo “star system”musicale, concedendosi pochissimo al mondo discografico e meno ancora alla promozione della propria immagine. La sua fama e la sua credibilità sono state consolidate nel corso della sua carriera di esecuzioni dal vivo. Esecuzioni che poco o nulla concedono allo spettacolo, ma sembrano scaturire dal rapporto diretto, e quasi ascetico,  tra Sokolov e la “sua” musica e dal desiderio di condividerla con il pubblico. Per cui anche gli applausi tra un brano e l’altro vengono raccolti in maniera educata ma estremamente rapida, quasi non volesse interrompere il flusso musicale che ha dentro di sé, liberandosi poi nel finale in una lunga serie di bis (mai meno di 5 o 6) a testimonianza della sua grande voglia di concedersi senza risparmiare sulle energie.

Anche il bellissimo concerto cui abbiamo assistito al Teatro Ponchielli di Cremona il 24 gennaio non ha tradito le aspettative.
Il programma si è aperto con Bach, autore tra i più amati e frequentati dal pianista russo, con due brani dal Clavierübung parte II, ovvero il Concerto in stile italiano e la Ouverture in stile francese in si minore.
Nella sua interpretazione della musica di Bach, Sokolov evita qualsiasi orpello di provenienza romantica, ricercando al contrario un suono preciso, asciutto, ma allo stesso tempo di grande espressività grazie ad un sapientissimo tocco sulla tastiera. Il pedale viene usato solo lo stretto indispensabile, in compenso il lavoro sui piani sonori è ricco di sfumature, come ad esempio ha testimoniato il finale dell’Ouverture, in cui il gioco degli “eco” era realizzato in modo straordinario.
Discorso analogo per la seconda parte, dedicata alla musica di Schumann, con l’Humoresque op. 20 e lo Scherzo, Giga, Romaza e Fughetta op. 32, in cui la minuziosa ricerca sonora sui singoli passaggi non ha mai dato l’impressione dell’effetto fine a sé stesso o dell’esercizio di stile, ma ha sempre rivelato scrupolosa aderenza allo spartito ed era finalizzata ad un disegno interpretativo più ampio e di estrema coerenza. Il tocco era deciso ed energico, ma allo stesso tempo in grado di regalare momenti di assoluta dolcezza e poesia all’interno di un’esecuzione di grande dinamismo ed espressività.
Al termine il pubblico che riempiva il teatro si è prodigato in applausi tanto entusiasti quanto meritati, ripagati dall’immancabile sequenza di bis su musiche di Rameau e di Chopin.

Davide Cornacchione 24 gennaio 2011