Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi al Teatro Petruzzelli nel suggestivo allestimento firmato da Pier Luigi Samaritani
La stagione 2020 è ripresa al Teatro Petruzzelli con un’opera del compositore di Busseto risalente agli anni della maturità, come era accaduto per il 2019 con il Simon Boccanegra. Gli spettatori, come già era stato accennato dalle anticipazioni della prima, sono stati subito colpiti dall’imponente scenografia, frutto dell’allestimento del Teatro Regio di Parma firmato dal pittore Pierluigi Samaritani e ripreso dal regista Massimo Gasparon, che ha curato anche i costumi. L’effetto, di grande impatto, è stato dato dalla varietà cromatica delle bandiere inglesi e soprattutto dei costumi, che emergevano sul nero dell’imponente scalinata e degli ambienti.
La stessa varietà cromatica si è ripresentata nel ballo finale, nonostante l’abbigliamento totalmente bianco (maschera compresa) di alcuni figuranti, con una serie di suggestioni che rimandavano a dipinti di ambienti reali del Seicento. La presenza della bandiera inglese è la spia di un’ambientazione un po’ originale per Verdi, certamente italiano ed europeo nell’orizzonte culturale, ma dettate da una serie di aggiustamenti successivi dovuti alle imposizioni della censura, che videro il dramma iniziale di Eugene Scribe, con protagonista il re di Svezia Gustavo III, cambiare ruolo e diventare Riccardo, governatore inglese a Boston, innamorato e non immediatamente ricambiato dalla moglie del suo segretario e migliore amico, che poi vendicherà l’offesa subita durante il ballo in maschera finale.
Se scene e costumi hanno colpito i presenti per gli accostamenti cromatici e per i rimandi più o meno espliciti a dipinti radicati nell’occhio degli spettatori attenti alle arti figurative, altrettanto è avvenuto per la direzione dell’orchestra e del coro, ad opera rispettivamente di Giampaolo Bisanti e di Fabrizio Cassi. Meno convincenti i solisti: intermittente la prova del tenore Giorgio Berrugi, così come avara di sfumature drammatiche quella del baritono Dalibor Jenis e della contralto Elena Gabouri. Il pubblico ha tuttavia ha tributato grandi ovazioni a tutto il cast: ai comprimari, tutti all’altezza della situazione, ed alla soprano Veronika Dzhioeva, che soprattutto nella parte finale ha saputo dare la giusta coloritura espressiva. Un applauso meritato va all’Oscar di Damiana Mizzi, eguagliato da quello della giovane Paola Leoci del secondo cast, precise nel timbro e nell’interpretazione. L’ultima recita si è tenuta il 1° febbraio. Il cartellone, che ha visto in programma Alice dei Momix, proseguirà con Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea nella prima metà di marzo.