Recensioni - Cultura e musica

Bel concerto dedicato a Brahms ed a Beethoven a Roma

Con la direzione di Myung-Whun Chung e Sergey Khachatryan al violino, bella esecuzione del Concerto per violino e orchestra in re maggiore Op.77 di Brahms e della Sinfonia nr 7 in La maggiore Op.92 di Beethoven

La serata è iniziata con l’esecuzione del Concerto per violino e orchestra in re maggiore Op. 77 di Brahms, oggi considerato uno dei più belli ed eseguiti del genere.

Nel primo tempo Allegro ma non troppo la direzione del Maestro è stata di grande impatto ed energia, per una grande pagina di natura sinfonica, con il monumentale tema iniziale e gli intimi interventi del violino, resi perfettamente dalla grande maestria di Khachatryan. Il violinista ha affrontato con grande perizia i numerosi passaggi virtuosistici della fitta scrittura brahmsiana, che oscilla tra un forte carattere esecutivo e una intimità che si rivela a tratti. L’imponente orchestrazione prevede quattro corni, due trombe, due clarinetti, due oboi, due flauti, timpani e archi e conferisce un grande carattere a questo primo tempo, carattere che il Maestro ha saputo rendere anche nell’alternanza tra solista e tutti, con un taglio interpretativo netto e deciso

Il secondo tempo, un Adagio in Fa maggiore, affida il tema principale all’oboe: una soluzione originale che crea quasi un dualismo solistico nei rispetti del violino. Qui il solista ha saputo rendere in modo perfetto un certo carattere italiano che qualche commentatore ha intravisto nella grande cantabilità delle melodie.

Il terzo tempo è invece un vigoroso Allegro gioioso in forma di rondò, seguendo lo schema classico del concerto. La fitta scrittura della partitura prevede un continuo alternarsi tra ritornello e violino, con le dita del solista che volano all’impazzata sulla tastiera, tra trilli, note acutissime, passaggi a note doppie e scale improvvise. Passaggi che richiedono una grande tecnica esecutiva ed interpretativa. Doti che il grande solista ha sfoggiato con sicurezza e grande teatralità.

L'applauso finale del pubblico è stato così caloroso che è stato concesso un bis: un solo per violino, dalle sonorità molto esotiche, tra note acutissime e ampi arpeggi.

La seconda parte del concerto invece è stata dedicata alla celeberrima Settima Sinfonia in La maggiore Op 92 di Beethoven, uno dei capolavori del grande maestro tedesco.

Se dovessimo trovare due parole che meglio descrivono questa mirabile opera si potrebbe pensare ad energia e danza. Una barbara energia che esplode sotto i colpi dei timpani ed il suono dei corni, accompagnata da un ritmo di danza intriso di profondo ottimismo e gioia. Il Maestro Chung ha saputo rendere al meglio questa dualità, regalandoci un’esecuzione davvero travolgente e unica.

Il primo movimento, un Poco sostenuto - Vivace, inizia con una serie di accordi alternati ai fiati, che sfocia in una successione di scale ascendenti di grande impatto. Un ricordo delle prime sinfonie di Beethoven, ma anche delle ultime di Haydn e perché no, della sinfonia n. 38 in Re maggiore K 504 di Mozart (detta Praga) che presenta un adagio simile, in qualche modo. Dopo l’adagio iniziale, segue il vivace allegro in 6/8. La direzione molto energica ha reso questo pezzo davvero travolgente. L’esposizione del tema iniziale con l'accompagnamento del flauto, le figurazioni barocche con le imitazioni tra le voci degli archi, il secondo tema e il magico momento della ripresa dopo lo sviluppo, uno dei passaggi più belli della sinfonia: il primo tema posto in tonalità minore passa dall’oboe al flauto traverso, al clarinetto agli archi. Un momento di commovente bellezza.

Il protagonista della Settima è sicuramente l’Allegretto, una pietra miliare di tutta la musica occidentale. Un andante per variazioni in tonalità minore su un tema iconico, con due intermezzi in modo maggiore, tra cui un incredibile fugato. La figurazione ritmica del tema si rifà alla metrica greca: un suono lungo seguito da due suoni brevi (dattilo) seguite da due suoni lunghi (spondeo) Qui il Maestro Chung ha incantato la sala con un'esecuzione memorabile che ha anche rispettato la corretta velocità del brano, un allegretto appunto e non come spesso accade un adagio. Questa sottile differenza ha un notevole impatto sulla resa del brano stesso.

Il terzo tempo è uno presto, uno scherzo con la classica struttura del minuetto: ancora una volta un riferimento alla danza.

Segue poi l’Allegro con brio. Un trascinante turbine di scale, ripetizioni ritmiche (che assonanze al II tempo della Nona), i colpi dei timpani, si ispira ad una canzone popolare irlandese e chiude in bellezza questa energica partitura trascinando il pubblico in una travolgente giga.

Un concerto che ha deliziato il pubblico con arti diverse: l’armonia architettonica di Brahms e l’irruenza gioiosa di Beethoven accostata al fascino misterioso dell’Allegretto. Ringraziamo il Maestro Chung per l’eccellente e coinvolgente direzione ed il grande Khachatryan davvero protagonista di una esecuzione eccezionale.

Gli applausi finali hanno confermato le nostre sensazioni. Un lungo e sentito tributo che ha salutato il finale del concerto. Bravissimi!

 

 

Cenni storici

Composto nell’estate del 1878 in Austria, il concerto per violino in Re maggiore Op.77 fu sottoposto al vaglio dell’amico musicista e virtuoso del violino Joseph Joachim per la ragione che Brahms stesso non sapeva suonare il violino e temeva che la sua inesperienza nella scrittura solistica potesse causare qualche problema esecutivo. Joachim riconobbe che le parti solistiche erano eseguibili e di rara bellezza, nonchè espressione di un linguaggio solistico nuovo. Il concerto fu eseguito la prima volta a Lipsia, il 1º gennaio 1879. L’accoglienza del pubblico fu inizialmente fredda, un po’ pwer la difficoltà esecutiva della parte del violino, ma anche per l’originalità compositiva dell'opera, con una ricerca di bilanciamento del ruolo del violino e dell'orchestra, piuttosto che un predominio del virtuosismo solistico sulla parte di accompagnamento, quindi un genere di composizioni un po’ in contrasto con la moda dei tempi. La fama di questa composizione però crebbe nel tempo, raggiungendo fama mondiale ed oggi è considerato uno dei concerti più belli e difficili da eseguire.

La partitura della Sinfonia nr 7 in La maggiore Op. 92 fu completata nel 1812, a circa tre anni di distanza dalla Sesta, e fu eseguita la prima volta l’otto dicembre 1813 nella sala dell'Università di Vienna, in una grande "accademia" che comprendeva tra l’altro anche La vittoria di Wellington (una ouverture dedicata alla omonima battaglia che vide la sconfitta di Napoleone Bonaparte contro il Duca di Wellington).

Questa sinfonia rappresenta apparentemente un ritorno alla forma classica haydniana, ma in realtà presenta presagi della Nona sinfonia sotto forma di elementi ritmici anche persistenti che nella Nona caratterizzeranno la partitura in particolare con riferimento al secondo tempo, con la famosa fuga. Ma inoltre annovera un dei pezzi più famosi mai scritti: il celeberrimo Allegretto. Nella sera della prima esecuzione, fu molto apprezzata dal pubblico che a gran voce richiese il bis dell’Allegretto. Fu una delle ultime composizioni dirette dal grande musicista per via della sordità ormai sempre più assoluta. Fu data alle stampe nel 1816 dall’Editore Steiner.