Recensioni - Cultura e musica

Bentornata Tosca

L’allestimento del capolavoro pucciniano firmato da Hugo de Ana chiude il festival 2012 in Arena

A conclusione della stagione estiva pre-centenario l’Arena di Verona ha ripresentato la Tosca di Giacomo Puccini nell’ormai collaudato e sempre convincente allestimento firmato da Hugo de Ana nella consueta triplice veste di regista, scenografo e costumista.
Dell’allestimento abbiamo già parlato più volte in passato in occasione delle precedenti riprese. Si tratta di uno spettacolo sostanzialmente classico, fedele alla drammaturgia pucciniana (d’altro canto Tosca è titolo che poco o nulla si presta a stravolgimenti) ma estremamente curato e suggestivo nella parte visiva.
 

Il momento sicuramente di maggiore impatto scenico è costituito dal finale del primo atto in cui sulle note finali del Te Deum si aprono una serie di sarcofaghi incastonati nel fondale, dai quali escono vescovi e cardinali in rappresentanza del mummificato potere temporale della chiesa. Per il resto lo spettacolo scorre via senza particolari scossoni ma tenendo un buon ritmo narrativo, eccezion fatta per il sempre pasticciato (e sostanzialmente inutile) viavai di quadri all’arrivo di Scarpia a Sant’Andrea della Valle.
Meritevole anche l’aspetto musicale che ha visto nel ruolo del titolo il debutto areniano della soprano Martina Serafin. La giovane cantante austriaca si è ottimamente disimpegnata nella parte, sfoggiando un’ottima linea di canto e fornendo un’interpretazione estremamente efficace ed emotivamente coinvolgente. Cosa che non si può invece del tutto dire del Cavaradossi di Aleksanrs Antonenko. Il tenore ha voce indubbiamente robusta e squillante e linea di canto solida e ferma ma il suo Cavaradossi è avaro di sfumature e finezze e la sua interpretazione è abbastanza sbrigativa. Lo stesso “e lucean le stelle”, peraltro bissato, era sicuramente eroico e stentoreo ma poco o nulla aveva a che fare con l’atmosfera creata da Marcelo Alvarez in occasione del debutto di questa produzione.
Alberto Mastromarino che avevamo parecchio ammirato nei Pagliacci lo scorso inverno al Filarmonico ha delineato uno Scarpia a mio avviso di stampo troppo verista. Nulla da eccepire sul canto, ma l’interpretazione mi sembrava più adatta ad un tardo Mascagni o un Alfano che non ad un  Puccini.
Efficace ed accattivante il sacrestano di Marco Camastra, altalenante l’Angelotti di Alessandro Guerzoni, funzionali Carlo Bosi (Spoletta), Dario Giorgelè (Sciarrone) e Armando Caforio (carceriere).
Alla testa dell’orchestra areniana Marco Armiliato ha optato per una Tosca estremamente raffinata e chiaroscurata. Contrariamente ad una certa corrente direttoriale spesso in voga nell’anfiteatro veronese Armiliato ha cercato di sottolineare e caratterizzare ogni singolo passaggio, scelta che, se da una parte ha permesso di creare momenti di grande suggestione dall’altra ha penalizzato una visione d’insieme a vantaggio del particolare.
Da sottolineare il fastidioso effetto che si riscontrava ogni volta che veniva coinvolta l’orchestra fuori scena (campane all’arrivo dei fedeli in chiesa; inizio del secondo atto): il volume altissimo copriva totalmente palcoscenico e golfo mistico. Fenomeno peraltro riscontrato anche nella precedente edizione di Tosca, per cui non imputabile al maestro. Ma allora a chi?
Al termine un’Arena quasi esaurita (il che è sempre un bellissimo vedere) ha tributato applausi convinti a tutti ed in particolare alla Serafin.

Davide Cornacchione 18/08/2012