Recensioni - Cultura e musica

Berlioz, Sibelius e Stravinsky al Parco della Musica di Roma

Serata indimenticabile con la Sagra della primavera di Stravisnky, il Concerto per violino in re minore di Sibelius e l’Ouverture Béatrice et Bénédict di Berlioz all’Auditorium Parco della musica di Roma. Al violino una straordinaria Anna Tifu e alla direzione il Maestro Carlo Rizzari in sostituzione del Maestro Mikko Franck, causa indisposizione dello stesso.

Il concerto si è aperto con l’Ouverture Béatrice et Bénédict di Hector Berlioz, un’opera comica su libretto dello stesso musicista, ispirata alla commedia di Shakespeare “Much Ado about Nothing” e rappresentata in tedesco al Theater der Stadt di Baden-Baden nell'agosto del 1862. Si tratta di una delle poche rappresentazioni degne di nota della famosa commedia shakespeariana. L’ouverture, caratterizzata da una leggerezza ed una esuberante allegria solo di tanto in tanto velata di malinconia (fu scritta in un periodo di estrema sofferenza fisica dell’autore), si riferisce in modo allusivo ai contenuti dell’opera stessa, senza però essere tecnicamente un pot-pourri. Il Maestro Mikko Frank, sostituito per indisposizione dal Maestro Carlo Rizzari, ha qui saputo qui far trasparire l’atmosfera leggera e lo spirito della commedia.

Il concerto per violino e orchestra in re minore Op. 47 di Sibelius è una delle composizioni più significative del musicista finlandese e fu scritto nei primi anni del 1900, tra il 1903 ed il 1904, dopo una genesi lunga e travagliata. Sibelius, che aveva intrapreso in giovane età lo studio del violino presso il Conservatorio di Helsinki, a differenza di Brahms e di Tchaikovsky era un esperto violinista e quindi conscio delle potenzialità espressive del violino, ma anche delle difficoltà tecniche relative all’esecuzione su questo strumento. E’ questa una delle ragioni per cui questo concerto rappresenta un passaggio fondamentale nella sua produzione musicale: la partitura autografa originale, conservata ad Helsinki, presenta numerose correzioni e cancellazioni che ben rappresentano il travaglio compositivo. Il concerto ha una struttura classica tripartita. Il movimento iniziale è un Allegro moderato che si apre con una suggestiva e malinconica frase del violino sopra ad un tremolio dell’orchestra appena percettibile. Nello sviluppo altri due temi vengono esposti in modo rapsodico e notevole risulta l’assenza di un vero sviluppo, sostituito da una cadenza scritta appositamente dall’autore, che non lascia libertà di esecuzione al solista. Nel secondo movimento, un Adagio di molto in si bemolle maggiore, domina un lirismo marcato. Il terzo movimento è un Allegro ma non tanto in re minore e richiama le sonorità di una danza popolare stilizzata impetuosa e travolgente che dà al solista la possibilità di esprimere tutto proprio virtuosismo. Una nota di encomio per la bravissima Anna Tifu che ha saputo interpretare la partitura in modo affascinante, espressivo e travolgente: dalla malinconia del primo movimento, al lirismo del secondo fino al crescendo impetuoso del terzo movimento conclusivo. L’artista è stata accolta da un applauso scrosciante e ha dedicato alla platea due bis, suonando brani solisti di grande intensità e tecnica esecutiva.

Il secondo tempo del concerto è stato dedicato interamente ad una esecuzione del celebre balletto La Sagra della primavera di Igor Stravinsky, composto tra il 1911 ed il 1913 per la Compagnia dei Balletti Russi di Sergej Djagilev. La coreografia originale fu di Vaclav Nižinskij con scene e i costumi di Nikolaj Konstantinovič Roerich. Fu rappresentata a Parigi al Théâtre des Champs-Élysées il 29 maggio 1913 e fu seguita da un grande scandalo per l’impatto estremamente innovativo delle musiche, dei costumi e per la trama stessa. Nonostante ciò, divenne una delle pietre miliari di tutta la musica occidentale del XX secolo, segnandone un passaggio imprescindibile e fondamentale.

Nelle prime fasi della stesura musicale del balletto Stravinsky si rese conto che per rappresentare i ritmi tribali e primitivi della sagra, intesa come non come festa paesana ma come consacrazione rituale, avrebbe dovuto trovare mezzi espressivi nuovi e muoversi in territori inesplorati. Pervenne quindi alla prima vera idea originale della sua nuova composizione: il famoso accordo martellato che fa il suo ingresso in modo del tutto inatteso dopo il preludio iniziale Augures printainers. Nella cronologia della composizione, l’autore partì proprio dagli accordi martellati per poi sviluppare il resto delle danze, dall’estate 1911 fino al 17 novembre 1912, ricordato nelle memorie personale del compositore come data di chiusura della composizione, “con un terribile mal di denti”. Contemporaneamente alla scrittura della partitura, Stravinsky affidò il compito di realizzare i fondali ed i costumi del balletto al pittore Nikolaj Roerich che già aveva conosciuto nella precedente collaborazione per le scenografie de Il principe Igor.

Le innovazioni introdotte in questa opera immensa sono notevoli: sul piano melodico, su quello ritmico e su quello strutturale. Il materiale è originale, tranne il tema di apertura del fagotto, che è preso da una danza popolare lituana.

Sotto la direzione del Maestro Carlo Rizzari, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha saputo rendere al meglio l’accezione di sagra intesa come consacrazione, rito tribale, valorizzando l’incredibile varietà e tipologie di ritmi e di atmosfere del testo musicale, soprattutto nella resa dei vari crescendo che portano la tensione drammatica a livelli eccezionali, possibili anche grazie all’utilizzo di un’orchestra molto numerosa, come richiesto dallo stesso autore sin dalle prime rappresentazioni. Uno spettacolo eccezionale che ha portato applausi scroscianti al termine dell’esecuzione.