Recensioni - Cultura e musica

Boheme su un tetto di fiori

La stagione lirica 2000 del teatro Grande di Brescia si è inaugurata con un’interessante messa in scena de La Bohème a cura dell’A...

La stagione lirica 2000 del teatro Grande di Brescia si è inaugurata con un’interessante messa in scena de La Bohème a cura dell’ASLICO (Associazione lirica e concertistica italiana).

La scena si svolgeva letteralmente sui tetti di Parigi, infatti la soffitta di Rodolfo altro non era che un piccolo soppalco di legno, che poteva essere raggiunto dai protagonisti tramite una botola, posto su di un grande tetto inclinato. L’idea scenografica di Antonio Mastromattei si adattava perfettamente allo svolgimento del primo atto e permetteva al regista di concentrare l’azione in questa piccola superficie senza dispersioni. I protagonisti maschili erano vestiti con colori sgargianti e a tratti ricordavano dei moderni buffoni o artisti circensi in disarmo. La regia era impostata su un andamento brillante che cercava di esaltare la giovane età dei protagonisti, anche se il ritmo dell’azione era inficiato dai tempi troppo lenti staccati dal direttore Giampaolo Bisanti, che non permettevano alle scene d’insieme di decollare realmente.

L’impianto scenico rimaneva immutato e il secondo atto veniva risolto trasformando l’azione in una sfilata di artisti circensi che sembravano intenti a pubblicizzare l’arrivo dei loro carrozzoni in città. Interessante l’idea anche se con qualche caduta di gusto come quella di vestire Alcinodoro, l’accompagnatore di Musetta, da mago con tanto di cappellone rosso e Musetta da soubrette degli anni venti.

Più ispirati gli ultimi due atti con una scena completamente bianca per il terzo che poi letteralmente si “apriva” trasformando il tetto in un grande letto di fiori proprio in coincidenza del duetto “Ci rivedrem alla stagion dei fiori”. Questo letto di boccioli colorati veniva mantenuto anche per l’ultimo atto a simboleggiare le speranze infrante dei due giovani amanti. Decisamente in crescendo il finale in cui la regia, di nuovo naturalista ed efficace nel piccolo spazio del soppalco, trova dei cantanti via via più ispirati e realmente coinvolti nel tragico epilogo.

Dal punto di vista musicale l’esito complessivo è stato soddisfacente, da segnalare la bella prova del baritono Davide Damiani, Marcello, intenso e omogeneo in ogni registro, attore coinvolto e presente. Buona anche la prova della protagonista Loredana Arcuri soprattutto nel finale in cui ha dimostrato di essere non solo un’ottima cantante ma anche un’attrice di rara intensità, cosa non indifferente in un’opera come La Bohème. Sottotono il Rodolfo di Saverio Fiore che, dopo una discreta partenza, ha risentito di un progressivo affaticamento con suoni sbiancati soprattutto nel registro acuto e una sempre maggiore difficoltà ad un corretto passaggio in maschera. Poco incisiva anche se corretta la Musetta di Patrizia Zanardi. Buono lo Schounard di Enrico Marabelli e il Colline di Lorenzo Muzzi che si è fatto apprezzare soprattutto nella “Vecchia Zimarra” cantata con accenti riflessivi e dolenti. Il maestro Gianpaolo Bisanti, a parte i tempi eccessivamente lenti a cui abbiamo già accennato, accompagnava i cantanti in modo corretto e professionale. Discreto il coro dell’ASLICO diretto da Alfonso Caiani. Pubblico mondano e distratto, ma successo caloroso per tutti i protagonisti.

R. Malesci
(12 Ottobre 2000)