Recensioni - Cultura e musica

Brescia Teatro Grande : Ballate per uomini e bestie

Vinicio Capossela racconta il nuovo medioevo

Sonorità medioevali e ritmi tribali sapientemente mischiati al “punk contadino emiliano” approdano al Teatro Grande di Brescia grazie a Vinicio Capossela. Considerato oramai uno dei pochi cantautori “liberi” e fuori da un qualsiasi schema, il polistrumentista emiliano di adozione propone un concerto tematico, come sua abitudine.

Lo spettacolo inizia con il ritmo tribale di “Uro”, pezzo dall’atmosfera cupa che parlando dell’estinto padre degli attuali bovini, richiama la forza di ciò che è primordiale, quasi leggendario.

Nel suo viaggio Vinicio afferma che ciò che separa l’uomo dalla bestia è la sepoltura, quindi l’elaborazione del lutto. Non vi era dunque modo migliore per introdurre la sua “Danza Macabra”, pezzo molto suggestionante impreziosito da un arrangiamento con violino e flauto.

È il turno de “La peste”: una forte critica alla rete “che ci fa tutti liberi, ci fa tutti uguali” in un mondo oramai virtuale in cui l’etica e la privacy scompaiono tutti si è uniti online, ma freddi e distanti nella vita reale. La cattiveria della modernità e la spettacolarizzazione del privato sono temi centrali in questo lavoro, come in “Nuove tentazioni di S Antonio” le quali vengono pensate nell’oggi, dove la nuova peste virale la fa da padrona.

Vinicio passa poi in rassegna una schiera di allegoriche bestie, come “Le loup garou” metafora del confine spezzato tra uomo e bestia in periodo elettorale, “Il testamento del porco” dove con pungente ironia il maiale assegna ogni singolo pezzo di sé stesso a qualcuno, oppure il suo malinconico orso di “Di città in città (…e porta l’orso)”.

Questo viaggio fra gli sconfitti non si dimentica del “Il Povero Cristo” profeta che non è riuscito ad insegnare agli uomini ad amarsi l’un l’altro né ad amare la vita, oppure della “Giraffa di Imola” povera bestia realmente esistita che fugge da un circo e trova ad attenderla solamente cemento ed un proiettile di anestetico.

Un altro sconfitto reale è Stefano Cucchi, al quale il cantautore dedica “Ballata del carcere di Reading” costruita sul testo di Wilde.

Con i suoi intermezzi senza schema, il cantautore si cambia di aspetto tramite maschere, mantelli, giacche e costumi di ogni sorta grazie alle quali riesce a legare sapientemente pezzi nuovi e vecchi ri-arrangiati in un misto di colte citazioni, strumenti medioevali come l’organistrum, moderni come chitarra e basso elettrici e classici come violini, contrabbasso e pianoforte.

Accompagnato da musicisti di una qualità sopraffina, come Alessandro Asso Stefana alle chitarre, Niccolò Fornabaio alla batteria, Andrea La Macchia al contrabbasso, Raffele Tiseo al violino e Giovannangelo de Gennaro ad aulofoni ed altri strumenti antichi, Vinicio racconta la sua visione allegorica della contemporaneità con una profondità mai banale riuscendo però, come sempre a far sorridere, pensare, ma soprattutto ballare.

E dopo aver affermato “Tutto è bene ciò che non finisce mai”, il cantautore conclude il concerto con la sua “Lumaca” un inno alla lentezza, unica via di fuga dal mondo dell’utile e del profitto che corre e non lascia il segno, diversamente da questo piccolo animale che porta il cosmo sulle spalle e si gode la sua scia.

La serata è stata organizzata dall’Associazione Valtrompiacuore in collaborazione con il Fondo OR.MA, Fondo Mari Pierluigi e la Fondazione del Teatro Grande di Brescia.

Applausi vivi ed instancabili da parte del pubblico.