L’orchestra e il coro del Teatro alla Scala diretti da Riccardo Chailly nel capolavoro sacro di Giuseppe Verdi dedicato alle vittime della pandemia.
È un Requiem molto particolare quello eseguito dai complessi del Teatro alla Scala nel Duomo di Milano e condiviso con le città di Brescia e Bergamo, perché non si è trattata di una delle tante esecuzioni della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi all’interno di una normale stagione sinfonica, ma è stato un concerto dedicato alla memoria delle vittime del Coronavirus. Ecco allora che questa composizione si è riappropriata della sua funzione commemorativa, in una sorta di abbraccio che ha coinvolto tre città della regione più colpita dalla recente pandemia.
Il Requiem di Verdi, infatti, oltre ad essere commemorazione dei defunti, è anche preghiera dei vivi, che nel conclusivo Libera me Domine chiedono di essere liberati dalla morte eterna, in un messaggio di speranza e consolazione, che esorta a guardare avanti.
Mercoledì 9 settembre, grazie alla collaborazione del Comune di Brescia e della Fondazione Teatro Grande, la Messa da Requiem è stata eseguita anche nel Duomo Vecchio di Brescia, uno spazio più raccolto rispetto al Duomo di Milano, che ha consentito di apprezzare la toccante interpretazione che il Maestro Riccardo Chailly ha dato di questa pagina. Il suo è un Requiem che scava nelle profondità dell’anima, che alle deflagrazioni del Dies irae ed ai luminosi squarci del Tuba mirum risponde con momenti di intenso raccoglimento, quasi fossero preghiere sussurrate a fior di labbra, quali l’Oro supplex, il Mors stupebit, oppure l’impalpabile tremolo degli archi su cui si sorregge l’attacco dell’Hostias o ancora le dolenti prime battute da cui si intuisce in che direzione si svilupperà la trenodia del Lacrymosa. Nulla è ostentato, tutto scaturisce da una meditata riflessione e da un profondo sentire.
L’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala, come sempre preparato in modo mirabile da Bruno Casoni (la sezione a cappella del Libera me risuonerà a lungo nel nostro ricordo), rispondono mirabilmente alle indicazioni che provengono dal podio, toccando tutte le possibili sfumature della tavolozza cromatica e dando vita ad un’interpretazione di raro coinvolgimento.
Eccellente il quartetto vocale dominato timbro caldo e brunito di Elīna Garanča. La sua è un’interpretazione misurata ma attentissima al dettato verdiano, a partire dallo ieratico attacco del Liber Scriptus. La sua voce nei duetti si plasmava con grande omogeneità con quella di Krassimira Stoyanova, protagonista di un vibrante e catartico Libera Me. Il luminoso timbro di Francesco Meli si sposava perfettamente con le esigenze della partitura, raggiungendo il culmine in un Ingemisco commosso e partecipe. Di grande livello anche la prova del basso René Pape i cui tre “mors” sussurrati al termine del Mors stupebit ci hanno condotti in una dimensione di profondo raccoglimento e spiritualità.
Al termine il pubblico si è sciolto in un applauso liberatorio, inevitabilmente rivolto non solo agli esecutori ma anche a tutte le vittime della recente tragedia.
Nelle Troiane di Euripide, per fortuita coincidenza in scena a Brescia proprio negli stessi giorni, la regina Ecuba, piangendo sulle macerie di Troia distrutta, incita i superstiti ricordando che, nonostante tutto, “Bisogna alzare la testa”. Quello che Brescia ed i bresciani non hanno mai smesso di fare.