Recensioni - Cultura e musica

Casalpusterlengo: Quattro stagioni tutte d'un fiato

Stefano Montanari conduce i Pomeriggi musicali in una trascinante esecuzione del capolavoro vivaldiano

Come pioggia benedetta su terreno arso, la musica che lo scorso 21 giugno ha inondato gli spazi del santuario del Cappuccini di Casalpusterlengo aveva tutta la travolgente irruenza di un’attesa finalmente esaudita. Il nostro primo applauso, dopo quattro mesi trascorsi al guinzaglio del web. “Ripartiremo da qui”, ha sottolineato l’Assessore alla Cultura della Regione Lombardia Stefano Bruno Galli, “dalla stessa contagiosa voglia di ricostruzione che, nella Milano colpita al cuore dalla guerra, 75 anni fa aveva visto fiorire dalle macerie l’Orchestra de “I Pomeriggi Musicali”. Proprio ad alcuni rappresentanti di questa storica compagine e ad un capitano strepitoso quale Stefano Montanari nella doppia veste di direttore e violino solista era stato affidato, allo scoccare della mezzanotte dello scorso 15 giugno, il privilegio di riprendere il filo della musica nella loro città, prima di esportare la proposta a Nembro e, quindi, qui a Casale, ad unire in un comune abbraccio i sommersi e i salvati.

“La musica è strumento per condividere e riflettere”, sottolineavano quasi all’unisono anche Andrea Ragosta, Direttore Artistico del Teatro “Carlo Rossi”, ed il Sindaco di Casalpusterlengo Delmiglio, visibilmente emozionati all’idea di riannodare nel segno della bellezza i fili della vita. E quale vita traboccava da queste vivaldiane “Quattro Stagioni”, capolavoro arcinoto quanto intimamente misterioso che apre “Il cimento dell'armonia e dell'inventione”! Trepidante, irregolare, crespa come sono solo le cose vive, ancora impregnata della fragranza di inchiostro con cui, nella Amsterdam del 1725, la raccolta aveva trovato stampa.

Mai autocompiaciuta, mai in posa, qui la natura giganteggiava con la sua voce ritrovata, e con essa le sue mille ombre. L’indugio della primavera, dapprima bonaria e subito risucchiata dal colpo di coda degli ultimi rigori invernali. L’asprezza violenta dell’estate. Il trionfo mortale di un inverno tutto ghiaccio e vento, che strappava fuori tempo un applauso al pubblico, d’altronde privo di un pur minimo programma che accompagnasse il percorso d’ascolto. E poi l’infinito sottobosco delle mezze tinte, delle trascolorazioni affondate in un fraseggio che lo sguardo visionario di Montanari trasformava in potente, irresistibile sceneggiatura. Un fiato solo, una sola grandiosa arcata drammaturgica a congiungere i quattro pannelli con cadenze pullulanti di materiale buono per costruire altre pagine protese in avanti, in un eterno presente. Con ferrea lucidità, il violinista ravennate risvegliava e rabboniva le furie sopite in questi quattro tableaux con abilissima, minuziosa arte orafa, con sguardo insieme innocente e smaliziato, giocando nel senso più alto con l’intimo costrutto del tracciato vivaldiano. Stagioni restituite al prepotente smalto originario, dono e monito a guardare ad un tempo nuovo.
Appalusi scroscianti.