Recensioni - Cultura e musica

Che- Guerriglia (Part Two)

La fine dell’utopia guevariana in una struggente orazione funebre.

un film di Steven Soderbergh
 del 2008, con Benicio Del Toro, Yul Vazquez, Franka Potente, Demián Bichir, Rodrigo Santoro, Catalina Sandino Moreno, Norman Santiago, Othello Rensoli, Jorge Perugorría, Néstor Rodulfo.
Prodotto in Francia, Spagna, USA. Anno 2008  Durata: 131 minuti.
Distribuito in Italia da Bim.

 Jean Paul Sartre disse che Ernesto Che Guevara  è stato “ il più completo essere umano della nostra epoca”, e lo stesso Guevara, in questa seconda parte del film, tratta dai suoi diari boliviani, parla a un altro guerrigliero dicendo che “ il rivoluzionario è la specie più alta del genere umano”.
Al di là di come la si pensi, il mito e la figura storica di Guevara sono sopravvissuti alla fine di ogni rivoluzione ed utopia, e nessuno ne mette in dubbio la nobiltà etica, pur in mezzo alle contraddizioni.  
La seconda parte del film sul Che si apre con la lettera che scrisse a Fidel Castro nel 1967, e che il “leader maximo” rese pubblica, in cui Guevara annuncia la sua decisione di abbandonare il ruolo istituzionale di ministro dell’industria  e di tornare nella guerriglia, per aiutare la rivoluzione in America Latina. Il film non parla del dissidio che c’era fra Castro e Guevara sulla gestione dei rapporti con l’Urss e sull’ottica revisionista di Fidel, ma Soderbergh fa capire che non vuole giudicare, e Castro rimane una figura quasi marginale sullo sfondo. L’intento del regista è di farci “entrare” nella mente del Che, e, paradossalmente, questo film, ancora più asciutto  del primo, risulta più emozionante, e davvero non capisco come alcuni possano aver criticato l’asetticità del film, è un’operazione brechtiana (oltre che rosselliniana) da parte del regista, che raggiunge l’identificazione fra lo spettatore ed il protagonista, interpretato con assoluta e straordinaria naturalezza da Benicio Del Toro.
  Il Che in incognito va  in Bolivia: lì cercherà di esportare il suo modello di azione pensante e di intelletto esecutivo. Ma, già dagli inizi, l’operazione si rivela fallimentare: il partito non lo appoggia, la Cia ha il preciso intento di snidarlo e distruggere la teoria-pratica della guerriglia, i contadini, che avrebbero dovuto essere i principali referenti della rivoluzione, si rivelano indifferenti, ostili e traditori.
E la giungla boliviana si stringe come un cappio al collo di Guevara e dei suoi compagni, fino alla drammatica resa finale. La scena della morte del Che, in cui la cinepresa si sposta dal corpo al suo sguardo, è una lezione di cinema, e il finale, con quel corpo così occultato eppure già incarnato in un’idea di speranza e di utopia necessarie, è lirico alla massima potenza.
Nell’ultima lettera che il Che scrisse ai suoi genitori si legge “ Cari vecchi, una volta ancora sento i miei talloni contro il costato di Ronzinante: mi rimetto in cammino col mio scudo al braccio”. Forse di Don Chisciotte abbiamo sempre bisogno.

Elena Bettinetti