
Una brillante Estonian National Symphony Orchestra e l’eccellente violinista Sarah Chang al Settembre dell’Accademia
Il viaggio attraverso l’Europa del Settembre dell’Accademia ha toccato per la sua terza tappa l’estremo nord, meta di solito riservata all’inaugurazione della rassegna, offrendoci una notevole esibizione dell’Estonian National Symphony Orchestra diretta dal suo direttore principale Olari Elts.
Nell’interessante programma dedicato a musicisti di area baltica, questa formazione ha mostrato di possedere una marcata personalità, messa in luce da una scelta di repertorio che le si è rivelata particolarmente congeniale.
Il primo brano proposto è stato il suggestivo “Cantus in memoriam Benjamin Britten” dell’estone Arvo Pärt, per archi e campane tubolari. Difficilmente si potrebbe pensare ad un’esecuzione di questa composizione con un suono più omogeneo e compatto di quello scaturito dagli eccellenti archi dell’ENSO: una purezza quasi cristallina che lasciava intuire quale sarebbe stato il livello esecutivo dei brani che avremmo ascoltato.
La prima conferma è arrivata dalla vibrante esecuzione del Concerto per violino di Jean Sibelius che vedeva come solista la violinista americana Sarah Chang. La ex bambina prodigio di Philadelphia, ormai universalmente riconosciuta come un’interprete tra le più interessanti del panorama attuale, ha esibito una tecnica ineccepibile, accompagnata ad una capacità di fraseggio straordinaria, doti indispensabili in una partitura che sembra scritta quasi esclusivamente per esaltare le doti del solista, relegando spesso l’orchestra ad un ruolo secondario. Dal canto suo Olari Elts, con la sua gestualità asciutta, quasi metronomica, ma allo stesso tempo molto incisiva, non ha mai ridimensionato il suo ruolo a quello di mero accompagnatore, fornendo al contrario un’interpretazione molto sorvegliata ma allo stesso tempo estremamente partecipe ed intensa. Se nell’Allegro iniziale in cui, complice anche la scrittura, la Chang ha letteralmente dominato, nell’Adagio e nell’Allegro non molto abbiamo avuto modo di apprezzare quanto solista e orchestra suonassero in perfetta simbiosi, nonostante la parte del violino richieda un virtuosismo al calor bianco. Al termine vere e proprie ovazioni da parte del pubblico che però non hanno convinto la Chang ad offrire alcun bis.
A definitiva conferma delle promesse iniziali abbiamo ascoltato nella seconda parte della serata un’ottima Quarta Sinfonia di Pëtr Il’ic Čajkovskij. Con una lettura di grande carattere, ma allo stesso tempo estremamente analitica, il giovane direttore ha dato prova di quanto siano ben a fuoco le singole sezioni di questa formazione, in particolare gli archi, mentre non sempre impeccabili sono parsi gli ottoni, complice una prova dei corni spesso inadeguata. Grande il lavoro di cesello dei legni nel moderato assai del primo movimento, in cui il tempo è sembrato quasi sospendersi in un’opera di scomposizione della partitura. Questa interpretazione non ha però mai impedito che si manifestasse una visione d’insieme della composizione, che al contrario non ha mai perso né di tensione né di coerenza.
La calorosa accoglienza del teatro filarmonico è stata ricompensata con una non meno coinvolgente esecuzione della Valse triste di Sibelius.
Davide Cornacchione 15 settembre 2008