Recensioni - Cultura e musica

Dal romanticismo all’impressionismo

La London Symphony Orchestra diretta da Noseda inaugura trionfalmente il Settembre dell’Accademia con musiche di Wagner, Debussy e Rachmaninov

Programma decisamente desueto quello proposto dalla London Symphony Orchestra diretta da Gianandrea Noseda per il concerto inaugurale della venticinquesima stagione del Settembre dell’Accademia; tre partiture di non frequente esecuzione, almeno sui palcoscenici italiani, e molto differenti tra loro. A voler cercare un filo conduttore, questo si può trovare nel rapporto di alcuni compositori del primo ‘900 con  il wagnerismo, visto come spartiacque e modello da superare,  categoria cui appartengono anche Debussy e, in misura minore, Rachmaninov.

Il primo brano in programma era infatti l’ouverture dai Meistersinger, forse uno dei brani più rappresentativi ed allo stesso tempo più estroversi di Richard Wagner, che Noseda ha diretto con grande trasporto, esaltandone le sonorità turgide, preferendo ad una lettura analitica un’impronta più marcatamente teatrale.
Alla grandiosità wagneriana hanno fatto seguito le atmosfere rarefatte del poema sinfonico La mer di Claude Debussy. In questo caso lo scavo all’interno della partitura da parte di Noseda è stato quasi capillare, grazie anche ad un’orchestra in forma smagliante che ne ha assecondato ogni minimo accenno, ostentando una straordinaria tavolozza di colori e dimostrandosi  estremamente duttile nel continuo cambiamento di timbri e dinamiche,
L’accostamento dei brani ha permesso di cogliere in maniera ancora più evidente il lavoro di Debussy per reinterpretare e superare la tradizione romantica esaltandone i contrasti ma lasciando trapelare anche qualche eredità.
Dei tre brani in programma la palma del meno eseguito va comunque assegnata alla seconda Sinfonia di Sergej Rachmaninov che costituiva la seconda parte del programma.
Contrariamente a Debussy ed a molti suoi contemporanei, Rachmaninov sembra non aver mai superato il romanticismo, anzi, sembra essersi rifugiato in esso, maturando un o stile che si rivolge alla musica russa ed in particolare a Čajkovskij, le cui influenze risaltano particolarmente in questa composizione.
La grande inventiva tematica compensa in parte la mancanza di una vera e propria struttura formale, soprattutto negli ultimi due movimenti che risultano essere i più deboli di questa sinfonia, che per alcuni versi si potrebbe definire più una rapsodia.
Nonostante questi limiti Noseda ne fornisce una lettura estremamente coinvolgente, assecondandone la vena melodica e accompagnandone con grande misura lo sviluppo.
Se ne”La mer” avevamo avuto modo di apprezzare l’eccellente livello di legni ed ottoni, in questo brano sono gli archi della London Symphony ad emergere per morbidezza e intensità di suono.
Normalmente l’eclettismo di questa orchestra, che passa disinvoltamente dalla classica alle colonne sonore o ai jingle pubblicitari, la porta ad avere un suono impeccabile ma lucidamente distaccato. In quest’occasione invece, complici il repertorio ed il calore italiano sul podio, oltre all’eccezionale caratura tecnica abbiamo avuto modo di apprezzarne anche l’intensità e la partecipazione emotiva.
Al termine le ripetute richieste di un pubblico entusiasta e della stessa orchestra hanno convinto Noseda a tornare sul podio per un veloce danza dallo Schiaccianoci di Čajkovskij.

Davide Cornacchione 7/9/2016