Don Giovanni è sicuramente il capolavoro operistico di Wolfgang Amadeus Mozart. Infatti, indipendentemente dal valore musicale int...
Don Giovanni è sicuramente il capolavoro operistico di Wolfgang Amadeus Mozart. Infatti, indipendentemente dal valore musicale intrinseco di questa partitura ed al suo raffronto con le altre nate dalla genialità del musicista salisburghese, è proprio grazie a quest’ opera che la figura del Burlador di Siviglia ha conquistato la sua funzione di archetipo, con buona pace di tutti gli autori che l’hanno affrontata prima e dopo di lui. Se Don Giovanni e Faust sono assurti a miti dell’era moderna, questo lo si deve all’impronta che ne hanno dato rispettivamente Mozart e Goethe.
Figura dalle infinite sfaccettature ed altrettante interpretazioni, Don Giovanni è uno dei titoli più ambiti e conseguentemente più frequentati del repertorio mozartiano, al punto che riuscire a realizzarne una lettura realmente originale o innovativa è impresa decisamente ardua.
Per la serata finale del Settembre dell’Accademia al Teatro Filarmonico abbiamo potuto assistere ad una nuova versione del Don Giovanni interpretata da un cast di giovani cantanti, accompagnati dall’Accademia I Filarmonici diretti da Zsolt Hamar con la regia teatrale di Eugenio Monti Colla.
Alla sua prima esperienza con cantanti in carne ed ossa, dopo decenni di spettacoli allestiti con marionette, Colla, autore anche di scene e costumi, ha optato per una lettura estremamente tradizionale dell’opera, avvalendosi di fondali dipinti che, grazie all’alzarsi ed abbassarsi di alcuni pannelli, permettevano il passaggio da scorci di una Siviglia che ricordavano il Barrio di Santa Cruz allo sfarzo dei saloni del palazzo del protagonista. Una scelta quindi abbastanza in controtendenza con quello che attualmente capita di vedere nei teatri, dove è invece abbastanza frequente assistere alle contaminazioni più disparate, ma non per questo meno interessante. L’aver scelto di riportare il Don Giovanni ad una certa linearità, senza appesantirlo con sovrastrutture, ma limitandosi ad una narrazione incorniciata da una scenografia semplice ma suggestiva, ha permesso di recuperare una dimensione più umana e più spontanea della vicenda, che spesso invece tende a venire schiacciata da orpelli psicanalitici e sociologici.
Un Don Giovanni fresco e giovane quindi, come fresche e giovani erano le voci degli interpreti che si sono calati nei ruoli principali.
Don Giovanni era interpretato dal basso–baritono Marco Vinco, che ha esibito una bella voce, sicura, senza smagliature e dalla tecnica ineccepibile, nonostante il suo timbro risultasse forse un po’ chiaro per la vocalità del protagonista. Questo non gli ha però impedito di delineare un personaggio spavaldo e seducente, di grande impatto sul pubblico. Al suo fianco il valido Leporello di Lorenzo Ragazzo, più scuro nel colore vocale ma altrettanto ineccepibile sotto il profilo tecnico. Completavano il cast maschile l’efficace Masetto di Rodrigo Esteves, il puntuale Commendatore di Michele Bianchini ed il Don Ottavio di Antonios Kroneos che, nonostante un interessante uso delle mezzevoci in “Dalla sua pace” ha tratteggiato un personaggio un po’ sfocato e carente del necessario peso vocale.
I ruoli femminili erano sostenuti rispettivamente da Alessandra Marianelli, Zerlina leggera e spigliata nell’emissione, Raffaella Milanesi, una Donna Anna dalla voce un po’ fissa con tendenza a sbiancare nelle note alte, e Giorgia Milanesi, Donna Elvira di temperamento e dai buoni centri ma spesso imprecisa negli acuti.
Zsolt Hamar alla testa dell’Accademia i Filarmonici si è dimostrato più a suo agio nel sottolineare l’aspetto gioioso dell’opera rispetto a quello tragico. Se infatti l’orchestra si è distinta per brio e ricchezza di colori in momenti quali l’aria del catalogo o l’aria del vino, altrettanto non si può dire per i passaggi più drammatici, dove il rallentare i tempi non aiutava a creare la tensione necessaria. Efficace la prova dell’Athestis Chorus diretto da Alberto Toffolo.
Al termine grandi apprezzamenti del pubblico per uno spettacolo che ha appropriatamente concluso un Settembre dell’Accademia ricco di sorprese e di grande musica.
Davide Cornacchione 5 ottobre 2006