Recensioni - Cultura e musica

Elektra: debutto in grande stile

Uno straordinario allestimento del capolavoro straussiano per la sua prima rappresentazione assoluta al Teatro Comunale di Modena

Ad un secolo ed un anno esatti dalla sua prima rappresentazione, Elektra di Richard Strauss ha debuttato al Teatro Comunale di Modena, in un meraviglioso allestimento coprodotto insieme ai teatri di Bolzano, Piacenza e Ferrara.
Raramente capita di assistere ad una produzione di tale bellezza ed efficacia, in cui l'aspetto musicale e quello visivo si fondono in uno spettacolo in grado di coinvolgere il pubblico dalla prima all'ultima nota. Circostanza che in questo caso si è verificata grazie ad un ensemble di eccellente livello coordinato dal Maestro concertatore Gutav Kuhn e dal regista Manfred Sweigkofler.
 

Ribaltando completamente i dettami wagneriani, Sweigkofler in questa edizione ha posto l'orchestra direttamente sul fondo del palcoscenico, separandola dal proscenio mediante un sottile velo di tulle nero, che però ne ha permesso la visione per tutto il corso dell'opera. Il resto dell'impianto scenografico, nato dalla collaborazione di Hans Martin-Scholder e Michele Olcese, si basava su un grande ponteggio metallico che circondava il boccascena, su cui si muovevano i rappresentanti del potere, Clitemnestra in primis, mentre il dramma di Elektra  si è svolto in parte sul proscenio ed in parte nel golfo mistico, trasformato in una sorta di bocca dell'inferno da cui affiorava una nebbia costante.
L'ambientazione, era quella di  un futuro imminente ormai in rovina che, mi si consenta il paragone, visivamente mi ha molto ricordato quello del film  "1997 fuga da New York" di John Carpenter. I costumi di Violeta Nevenova giocavano sulla contaminazione di stili, passando dai completi da "colletti bianchi" delle assistenti di Clitemnestra, alla tunica neoclassica di Crisotemide, al soprabito di Elektra, alla camicia da smoking di Egisto che contrastava con il completo neobarbarico di Clitemnestra, per chiudere con il dark delle ancelle che strizzava l'occhio ad un certo Fassbinder. Questa commistione di stili, che avrebbe potuto far pensare ad un "pastiche",  è stata al contrario coordinata con mano felice ed ha funzionato alla perfezione, anche nei momenti più estremi, quale ad esempio lo straniante ma efficacissimo corteo che ha preceduto l'ingresso di Clitemnestra, che includeva anche un danzatore tribale.
Impossibile elencare tutte le idee dell'allestimento. Valgano come esempio l'uccisione di Clitemnestra da parte di Oreste, le cui pugnalate venivano raddoppiate da Elektra che, in una luce rosso sangue,  colpiva il palco con una scure; oppure il finale, in cui la protagonista si è avvolta nel tulle nero che delimitava il fondo della scena in una sorta di abbraccio-amplesso con l'orchestra prima di cadere a terra morta.
Se questa Elektra è stata una meraviglia per gli occhi, altrettanto si può dire per le orecchie. Kuhn, alla testa dell'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna e della Haydn di Bolzano e Trento ha fornito un'interpretazione del dramma estremamente coerente ed interessante. Optando per una scelta di tempi estremamente distesi, che ricordavano lo Strauss di Böhm, il direttore austriaco ha cercato di scavare all'interno del dramma individuale di Elektra, rinunciando sia alle sonorità massicce di chi ne vuole esaltare solo la brutale ferocia, sia allo scintillio di colori di chi ne vuole evidenziare gli aspetti legati allo Jugendstil. Al contrario l'orchestra, nonostante la sua posizione privilegiata, non ha mai sovrastato i cantanti, ma li ha sempre seguiti lavorando più sulle cesellature che sugli effetti. La celebre frase "Agamemnon, Wo bist du, Vater" non racchiudeva la potenza tonitruante dell'erinni vendicatrice, ma al contrario lo struggimento della figlia che ricorda il padre da poco assassinato.
Tutto questo è stato possibile grazie anche ad una compagnia di canto di primissimo ordine, a partire dalla straordinaria Elektra di Anna Katharina Behnke, tanto impeccabile nell’emissione quanto eccellente nell’immedesimazione con il personaggio. Michela Sburlati è stata una Crisotemide intensa e partecipe, dalla voce potente ma sempre controllata, mentre Anna Maria Chiuri ha delineato una Clitemnestra dai tratti luciferini, offrendo un’interpretazione da manuale. Di ottimo livello anche il versante maschile con l’Oreste di Thomas Gazheli e l’Egisto di Richard Decker.
Un teatro Comunale quasi esaurito, nonostante l’originalità della proposta ha salutato gli interpreti con applausi tanto calorosi quanto meritati.

Davide Cornacchione 24 gennaio 2010