Recensioni - Cultura e musica

Ernani: chiusura trionfale della stagione lirica bresciana

L’opera giovanile di Verdi in un riuscito allestimento del Circuito Lirico Lombardo

Ernani è una delle poche partiture appartenenti al cosiddetto periodo degli “anni di galera” che, insieme a Luisa Miller e in tempi più recenti ad Attila, gode di una certa frequentazione sui nostri palcoscenici. Discorso a parte merita infatti Macbeth, pienamente ascrivibile alla categoria dei capolavori del Cigno di Busseto.

A partire da questo titolo Verdi inizia a valorizzare i singoli personaggi, non limitandone più la funzione a semplici caratteri, ma scandagliando le loro emozioni e scavandone la psicologia. Nonostante la trama decisamente improbabile ed il libretto non proprio fluidissimo di Francesco Maria Piave – il primo della lunga collaborazione con il musicista – la partitura contiene pagine molto interessanti ed ognuno dei quattro protagonisti può contare su un approfondimento che nei lavori precedenti non si era ancora visto.
Questa nuova produzione allestita per i teatri del circuito lombardo, cui abbiamo avuto modo di assistere al Teatro Grande di Brescia, è stata caratterizzata sia da una efficace messinscena che da una buona riuscita dal punto di vista musicale; elementi che hanno contribuito ad un successo di pubblico senza riserve.
Il regista Andrea Cigni, autore anche dei costumi, si è mantenuto su un impianto sostanzialmente classico, ambientando la vicenda nell’epoca prescritta, ovvero il ‘500, e restando fedele alla drammaturgia verdiana. Unica licenza il finale, in cui Elvira, dopo il suicidio di Ernani, tenta di avventarsi su Silva armata di pugnale. Una lettura decisamente più in linea con i nostri tempi che riscatta una vicenda la cui morale risulta ormai decisamente datata.
Efficaci ed ottimamente usate le scenografie progettate da Dario Gessati, consistenti in tre pannelli concavi che ruotando su sé stessi delimitavano i vari ambienti d’azione. Interessante, anche se un po’ didascalica, l’idea di incidere sul lato esterno di questi pannelli alcune frasi tratte dall’Hernani di Victor Hugo che venivano illuminate nel corso delle scene cui si riferivano.
Appropriato il lavoro su tutti i protagonisti, che agivano sulla scena in modo convincente, mentre il coro è stato gestito in maniera più didascalica. Non sono comunque mancati momenti particolarmente suggestivi quale ad esempio l’inizio del quarto atto.
Il ruolo del titolo era impersonato dal tenore coreano Rudy Park che ha esibito un timbro scuro, quasi baritonaleggiante, tutto il contrario rispetto alle vocine tipiche dei tenori provenienti dal sud-est asiatico. L’acuto è stato sempre raggiunto con facilità ed anche i centri erano pieni e corposi. Unico neo: l’emissione che è sempre stata tenuta su un generico mezzo-forte. Pochissimi i tentativi di fraseggio o di sfumatura, sacrificati ad un canto muscolare ed eccessivamente esteriore; troppo anche per un Verdi giovane.
Decisamente più completa l’Elvira di Maria Billeri. Dotata di una voce molto estesa, la cantante si disimpegna agevolmente nel registro acuto (salvo qualche fissità) ed è buona fraseggiatrice e interprete convincente; qualità che le hanno permesso di emergere in un ruolo decisamente impegnativo.
Convincente anche il Don Carlo di Alessandro Luongo, nonostante la  sua sia una voce tutto sommato chiara e apparentemente non ideale per affrontare questo repertorio, caratteristiche emerse soprattutto nel primo atto. Nel prosieguo dell’opera però il baritono si è confermato interprete raffinato e dotato di solida tecnica, al punto da realizzare un terzo ed un quarto atto estremamente coinvolgenti.
Discreto ma non impeccabile il Silva di Enrico Giuseppe Iori. La grande veemenza e partecipazione non sono state supportate da uno strumento vocale perfettamente a fuoco. I suoni erano spesso aperti e di conseguenza l’emissione non è stata sempre impeccabile.
Ottimi i comprimari, rispettivamente Nadiya Petrenko (Giovanna), Saverio Pugliese (Riccardo) e Gianluca Margheri (Jago).
Alla testa della volenterosa orchestra dei Pomeriggi Musicali Antonio Pirolli ha diretto con grande impeto e veemenza. Caratteristiche che, se da una parte hanno impresso un ritmo serrato alla narrazione, dall’altra sono talvolta sfociate in eccessi fragorosi e qualche scollamento tra buca e palcoscenico.
Buna la prova del Coro del Circuito Lirico Lombardo diretto da Antonio Greco.
Entusiasta la reazione del pubblico che al termine della rappresentazione ha chiamato ripetutamente gli interpreti alla ribalta.

Davide Cornacchione 16/12/2012