Recensioni - Cultura e musica

Esa-Pekka Salonen nel segno dell’eredità di Wagner e di Boulez

Verklärte Nacht e la Settima di Bruckner, lo stesso programma con cui debuttò Pierre Boulez a Verona, nella magnifica interpretazione della Philharmonia Orchestra

Il tema delle influenze wagneriane all’interno del tardo romanticismo e delle avanguardie viennesi è condiviso dai due musicisti che possono vantare molti altri punti in comune: ambedue infatti, da sempre hanno affiancato alla direzione l’attività di compositore, anzi, Boulez dichiarava di essere un compositore che dirigeva per conoscere le tecniche dei suoi predecessori.  Inoltre, nella scelta dei brani da eseguire, entrambi hanno sempre manifestato uno spiccato interesse verso il repertorio novecentesco, al punto che, nel 2010, sono stati protagonisti di una celebre staffetta sul podio della tournée internazionale di “Da una casa di morti” di Leoš Janáček nel bellissimo allestimento firmato da Patrice Chérau.

Tentativo di superamento del wagnerismo e primo spartiacque tra tardo romanticismo e Novecento, Verklärte Nacht, nella versione per orchestra d’archi del 1902 perde sicuramente in incisività rispetto all’originale per tre coppie di violini viole e violoncelli del 1899, ma, oltre a costituire uno dei più stimolanti banchi di prova per gli archi di una grande orchestra sinfonica, si riallaccia di più alla magniloquenza wagneriana, al punto che all’epoca venne coniata l’espressione “È come se uno avesse passato uno straccio bagnato passato sulla partitura del Tristano”. Salonen offre di questa pagina una lettura attenta alle architetture sonore ed all’ordito strumentale, in cui si susseguono forti contrasti, quasi ad anticipare quelle lacerazioni che saranno caratteristiche della musica del ‘900 e di cui lo stesso Schöneberg sarà precursore di lì a pochi anni. Magnifica la risposta degli archi della Philharmonia, in grado di alternare atmosfere sognanti a sonorità più incisive e marcate, sempre con grande attenzione al fraseggio ed alle dinamiche contrappuntistiche.

Della Settima sinfonia - vero e proprio omaggio a Richard Wagner, al punto che il secondo movimento è una marcia funebre a lui dedicata a pochi mesi dalla scomparsa - Salonen offre invece una lettura tesa, che supera le ridondanze ed una certa retorica che caratterizzano lo stile Bruckneriano.   L’interpretazione del direttore finlandese mira ad una visione d’insieme della partitura, che sorvoli sulle ripetizioni e sui non sempre perfettamente compiuti sviluppi tematici, che in più di un’occasione tendono a protrarsi più del dovuto, e rifugge da ogni magniloquenza che una certa tradizione interpretativa di stampo germanico ha impresso alla musica del compositore austriaco. La Philharmonia Orchestra ha perfettamente assecondato la visione di Salonen, mostrando grande attenzione alle indicazioni che giungevano dal podio. Un suono ricco ed imponente ma allo stesso tempo luminoso e cangiante è stato alla base di una lettura di grande trasporto e coinvolgimento. Al termine applausi trionfali cui non ha fatto seguito alcun bis che, dopo un concerto di tale intensità, sarebbe stato di troppo.

Davide Cornacchione 22 settembre 2018

 


In occasione dell’edizione 2005 del Settembre dell’Accademia, i Wiener Philharmoniker, diretti da Pierre Boulez, debuttavano a Verona con un programma dedicato a due partiture idealmente collegate all’eredità wagneriana, ovvero Verklärte Nacht di Arnold Schönberg e la Settima sinfonia di Anton Bruckner. Curiosa coincidenza ha voluto che all’interno della medesima rassegna concertistica, a distanza di 13 anni, lo stesso programma venisse presentato dalla Philharmonia Orchestra di Londra, guidata dal suo direttore musicale Esa-Pekka Salonen.