Per il suo omaggio all'amico Nikita Magaloff nel decennale della scomparsa, Radu Lupu ha presentato un programma decisamente class...
Per il suo omaggio all'amico Nikita Magaloff nel decennale della scomparsa, Radu Lupu ha presentato un programma decisamente classico, soprattutto se rapportato a quanto sinora ascoltato durante questo Festival, ma fornendo un'esecuzione di altissima fattura.
L'impressione che si ha partecipando ad un concerto di Lupu è la stessa che si può avere ad esempio con Pollini, ovvero quella di un pianista che suona sostanzialmente per sé stesso; il fatto che il pubblico gli stia difronte è una assoluta casualità: la musica perde completamente la sua connotazione di "esibizione", ma nasce dall'interno, in un flusso continuo che quasi non prevede pause tra un tempo e l'altro delle singole sonate, in cui i brani vengono proposti in chiave estremamente intimista e raccolta.
Che Schubert sia uno degli autori preferiti da Lupu e che attualmente forse non esista nessun'altro in grado di proporlo in modo così lirico ed allo stesso tempo intenso, penso sia cosa riconosciuta dai più. Non a caso la sua incisione degli improvvisi risalente ormai a circa 20 anni fa, detiene ancora, insieme a quella di Perahia, il vertice assoluto della discografia. E proprio con un "Impromptu" (per la precisione il n.1 dell'op. 90) si è aperto il concerto. Straordinario il tocco leggero ma allo stesso tempo sicuro e preciso di Lupu nell'eseguire questo brano, al quale ha fatto seguito la "schubertiana" sonata op.90 di Beethoven, composizione anomala, in soli due movimenti, ma allo stesso tempo così compiuta ed intensa.
La prima parte della serata si è conclusa con la sonata op.24 n.1 di Enescu: un omaggio del pianista ad un suo conterraneo, in un pezzo decisamente non facile all'esecuzione, ma in parte anche all'ascolto, peraltro eseguito con una ricchezza interpretativa decisamente superba.
La seconda parte era costituita dalla magnifica sonata in do min. D958 di Schubert. In questo caso (per bilanciare il paradosso) si può parlare di composizione dalla matrice beethoveniana, soprattutto nell'allegro iniziale, quasi nella scelta dei pezzi si fosse voluta mantenere una certa omogeneità di stile. Anche in questo caso l'esecuzione è stata di altissimo livello con momenti straordinari nell'adagio e nell'allegro conclusivo.
Al termine applausi entusiastici che hanno strappato tre bis, due Schubert ed uno Schumann, l'ultimo dei quali eseguito in una sala mezza vuota ed iniziato tra il vocìo e lo scalpiccìo di chi ormai, sentendosi appagato, non troppo educatamente abbandonava il teatro.
Ma di solito ai concerti non si va per ascoltare musica?
Davide Cornacchione 30/5/2002