Un programma decisamente accattivante quello proposto al Festival Pianistico dall’Orchestra Nazionale della RAI diretta da Jukka P...
Un programma decisamente accattivante quello proposto al Festival Pianistico dall’Orchestra Nazionale della RAI diretta da Jukka Pekka Saraste con al pianoforte Arcadi Volodos: il celeberrimo concerto n.1 per pianoforte di Čajvovskij e la sinfonia n. 5 di Prokof’ev.
L’abbinamento è sicuramente interessante in quanto si tratta di due composizioni sostanzialmente differenti tra loro: Čajvovskij rappresenta il romanticismo russo intenso e malinconico, seppur con uno stile che spesso strizza l’occhio all’occidente, mente Prkof’ev si riallaccia a quella tradizione di “compositori di regime” sviluppatasi durante il periodo sovietico, proponendo uno stile più accademico, estremamente attento alla forma, ma privo di quegli slanci che caratterizzano il suo predecessore.
Decisamente affine allo stile Čajvovskiano si è rivelato Volodos, che ha mostrato, oltre ad una tecnica notevole (anche nelle pirotecniche variazioni su tema di Mozart scelte come bis), una intensa partecipazione nel corso dell’esecuzione. Ad un primo tempo deciso e risoluto ha fatto seguito un andantino intenso e poetico che ha condotto ad un allegro con fuoco tecnicamente impeccabile ma in parte privo di quel “fuoco” che sarebbe qui prescritto.
Purtroppo ad un tale pianista non si è accompagnata un’orchestra altrettanto convincente: l’orchestra Rai si è rivelata corretta ma abbastanza fredda ed impersonale nella lettura, per cui molto spesso si aveva l’impressione che solista e direttore andassero in due direzioni diverse senza perciò riuscire a creare una sensazione di coerenza ed unitarietà. In qualche caso addirittura, si è anche notato un leggero sfasamento dei tempi, soprattutto nel primo movimento, e sono portato a credere che la succitata mancanza di mordente nel terzo movimento prendesse spunto dall’inadeguatezza dell’orchestra.
Leggermente meglio sono andate le cose nella sinfonia di Prokof’ev, vuoi perché si tratta di una composizione dall’impronta più strutturale e quindi più algida, vuoi perché il brano era più affine alle corde di Saraste, sta di fatto che in questo caso l’orchestra è sembrata più appropriata in particolare nel terzo movimento, mentre, anche qui, l’allegro giocoso conclusivo non si è rivelato all’altezza.
Nel complesso un concerto interessante, soprattutto per la presenza di Volodos che si sta dimostrando uno dei pianisti decisamente interessanti della sua generazione e che speriamo di poter riascoltare presto a Brescia.
Davide Cornacchione 7/6/2002