Recensioni - Cultura e musica

FESTIVAL PIANISTICO: Prokof’ev e il romanticismo negato

Dedicato a Sergej Prokof’ev nel cinquantenario della morte, l’unico concerto “a tema” di questa quarantesima edizione del Festival...

Dedicato a Sergej Prokof’ev nel cinquantenario della morte, l’unico concerto “a tema” di questa quarantesima edizione del Festival Pianistico ha visto l’esibizione del giovane talento italiano Pietro De Maria. Il programma offerto si è rivelato di estremo interesse per un’analisi dell’evoluzione stilistica del compositore russo: infatti dalle giovanili Visions Fugitives si è giunti alla matura Sonata n. 6, passando per la Sonata n. 5, qui presentata nella revisione del 1953.
Sin dalle prime composizioni Prokof’ev dimostra di allontanarsi in maniera abbastanza netta dallo stile romantico per rifarsi invece a modelli più classici, riconducibili ad esempio a Scarlatti oppure Haydn. Ecco quindi che una raccolta quale le Visions Fugitives, che per l’epoca in cui è stata scritta e per la sua struttura avrebbe tutte le caratteristiche per rientrare nelle categorie della musica impressionista, dimostra invece quanto l’autore abbia cercato di allontanarsi da questa poetica. Qualsiasi reminiscenza legata a Debussy ed al suo stile viene coscientemente sovvertita mediante l’uso di soluzioni tecniche quali gruppetti, acciaccature, ampie e taglienti escursioni sulla tastiera che conferiscono ai brani un carattere vicino alla “toccata” e che ne raggelano qualunque possibile apertura in territorio romantico. Coerente è stata quindi la scelta di De Maria di non indulgere su una lettura emotivamente troppo partecipe anche in quei passaggi in cui forse qualche concessione in più sarebbe stata legittima, penso ad esempio al n. 7 Pittoresco, ma di giocare sui contrasti e sulle asprezze che caratterizzano la vera modernità di questi brani.
Discorso analogo per la Sonata n.5 che si apre con un tema classicheggiante di ampio respiro al quale viene immediatamente contrapposto uno sviluppo di matrice politonale ricco di dissonanze e di forti contrasti, peraltro abilmente risolti da De Maria in sede esecutiva. Dove invece, a mio avviso, il giovane interprete ha destato qualche perplessità è stato nell’andantino, del quale ha sì fornito una lettura estremamente fedele ma priva di quell’ironia che al contrario qui traspare e che caratterizza una buona parte della produzione di Prokof’ev. Lo stesso limite lo si è riscontrato nell’allegretto della Sonata n. 6, apparso forse troppo tecnico e privo di quel tono divertito, tipico di questo musicista, che mi porta spesso ad associarne alcuni passaggi alla poesia del coevo Majakovskij; mentre dal punto di vista interpretativo sicuramente più efficace si è rivelato l’approccio con le violente sonorità degli ultimi due movimenti.
Al termine del concerto applausi calorosi da parte di un teatro non gremitissimo, premiati da quattro bis con brani di Chopin, Bach, Scarlatti e Liszt.

Davide Cornacchione 30/04/2003