Recensioni - Cultura e musica

Fidelio - Abbado: il capolavoro di un capolavoro

Magistrale esecuzione dell’opera di Beethoven al Teatro Comunale di Modena

A Modena si sono trionfalmente concluse in questi giorni le repliche del Fidelio di Ludwig Van Beethoven diretto da Claudio Abbado. La tappa modenese è stata l'ultima di una tournée che tra la primavera e l'autunno 2008 ha toccato anche le città di Reggio Emilia, Madrid, Baden Baden e Ferrara.
Già da due decenni Abbado aveva maturato il desiderio di dirigere l'unico titolo operistico del musicista di Bonn e, alla luce di quanto abbiamo ascoltato, raramente decantazione ha sortito risultati di tale livello.
 

Alla testa della "sua" Mahler Chamber Orchestra il direttore milanese ha infatti concertato un'edizione di Fidelio straordinaria per la ricchezza dei colori, per le meraviglie dell'orchestrazione e per la trascinante teatralità dell'esecuzione. Se infatti la prima parte dell'opera ha più che altro una funzione introduttiva, limitandosi a tratteggiare il quadretto familiare composto da Rocco, Marzelline, Fidelio e Joaquino, dall'ingresso di Pizarro l'azione drammatica entra nel vivo in un continuo crescendo di tensione senza momenti d’arresto sino al catartico finale.
La lettura di Abbado è stata estremamente moderna, asciutta, dinamica, ma allo stesso tempo cesellata con cura minuziosa. Mai ho ascoltato il duetto “Nur hurtig fort, nur frisch gegraben”, uno dei vertici assoluti di questa partitura, eseguito con tale ricchezza e varietà d’accenti in orchestra, nessuno dei quali però fine a sé stesso, ma sempre finalizzato ad una perfetta resa drammaturgica.
Accuratissima  è stata di conseguenza la scelta degli interpreti, quasi tutti impeccabili nell’esecuzione con l’eccezione di Christian Franz che ha mostrato alcuni problemi di intonazione nell’aria di Florestano. Rachel Harnisch ha tratteggiato una Marzelline vivace e spigliata, di grande musicalità, ed altrettanto valida si è rivelata la prova di Jörg Schneider nel ruolo di Joaquino. Albert Dohmen ha cantato un Pizarro di notevole veemenza, esibendo un timbro sicuro e potente, nonostante in tre giorni avesse cantato due volte Pizarro ed una Wotan nel Sigfried di Firenze. Un gradino sopra tutti è stato il Rocco di Giorgio Surjan ed eccellente protagonista di tale allestimento  si è rivelata la Leonore di Anja Kampe.
Se l'aspetto musicale poteva quindi vantare un livello di eccellenza altrettanto non si può dire di quello visivo. La suggestiva scenografia di Maurizio Balò non è stata sufficiente a compensare una regia, firmata dal tedesco Chris Kraus, eccessivamente ridondante. Se infatti alcune scene vantavano un'indubbia suggestione ed anche il lavoro sui cantanti era minuziosamente curato, troppo spesso l'azione si frammentava in siparietti e movimenti sovrabbondanti e inutili che altro non facevano che spezzare la teatralità ella scena, teatralità che al contrario scaturiva dalla buca orchestrale senza mai subire il benché  minimo cedimento. Ecco quindi che la presenza della ghigliottina nel primo atto, oltre ad aver dato una connotazione a mio avviso eccessivamente politica a quella che viene al contrario considerata come l'opera dell'amore coniugale, ha appesantito con azioni posticce l'atmosfera domestica. Allo stesso modo il finale dell'opera è stato sporcato da un continuo viavai di tavoli, sedie a rotelle, cassette di monete d'oro che nulla portavano allo spettacolo. Eccessivi anche i cambi luce, spesso studiati più per la ricerca dell'effetto che per una reale funzione drammaturgica.
Al termine il pubblico ha salutato con dieci minuti di ovazioni solisti coro ed anche l’orchestra al completo, meritatamente invitata da Abbado sul palcoscenico.

Davide Cornacchione 30 novembre 2008