
Il festival Verdi dopo l'Attila, torna a Fidenza per ospitare il recital di uno dei più grandi baritoni del momento: Amartuvshin Enkhbat
Originario della Mongolia e oramai acclamato beniamino nei più importanti teatri del mondo.
Al Magnani è stato proposto un programma tutto verdiano e ad accompagnare il baritono c'era il maestro Stefano Salvatori al pianoforte. Nella prima parte sono state eseguite delle composizioni di musica da camera scritte tra il 1838 e il 1845, che raramente si ascoltano.
Si è iniziato con "Ad una stella" con il testo di Andrea Maffei, "La seduzione" (Luigi Balestri), "L'esule" (Temistocle Solera) e "La romanza senza parole" solo per pianoforte. L'ultimo blocco è stato composto da "Non t’accostare all’urna" (Jacopo Vittorelli), "Il tramonto" (Andrea Maffei), "Brindisi" (Andrea Maffei).
Enkhbat le ha eseguite con una certa emozione, unita ad eleganza e giusto equilibrio, grazie anche all'ottimo sostegno di Salvatori sempre preciso, delicato e mai sovrastante.
Dopo una breve pausa, il recital è proseguito con arie tratte dalle varie opere liriche.
Si parte con "Sacra è la scelta" ("Luisa Miller"), dove risuonano le dolci parole: "Non son tiranno, padre son io, non si comanda de' figli al cor, in terra un padre somiglia Iddio, per la bontade, non pel rigor". Si continua con altri due padri, "O vecchio cor che batti" ("I due Foscari") e "Di Provenza il mare, il suol" ("La traviata").
Spazio al pianoforte con la rivisitazione del preludio dell'Aida e arriviamo al gran finale. "Nabucco” con la difficile aria "Dio di Giuda" e la relativa cabaletta "O prodi miei, seguitemi" che fa infiammare il pubblico per la sua potenza, il disperato canto d'amore del Conte di Luna con "Il balen del suo sorriso" ("Il trovatore") e "La forza del destino" con la scena e aria "Morir, tremenda cosa!…Urna fatale" di Don Carlo di Vargas.
Gli applausi sono tantissimi, nonostante i vari posti vuoti del teatro. Enkhbat non si fa pregare a lungo e il primo bis è "Cortigiani vil razza dannata" dal "Rigoletto". Poi una perla come "Oh dei verd'anni miei" dall' "Ernani" e chiusa alla maniera dei grandi del passato con un centratissimo la bemolle finale. Si congeda con la disperata "Pietà, rispetto e amore" dal Macbeth.
Un recital memorabile dove il baritono ha mostrato al meglio la sua classe.
La voce è sempre calda, vellutata, avvolgente, con ottima dizione, pregevole fraseggio, nobiltà negli accenti, respirazione accurata e una fluidità naturale nel raggiungere il registro acuto.
Grandi emozioni per un pomeriggio magico, cullato della musica immortale del cigno di Busseto, che trova in Amartuvshin Enkhbat un interprete ideale.
È proprio il caso di dirlo: Viva Verdi!
Marco Sonaglia (Teatro Magnani Fidenza 6 ottobre 2024)