Recensioni - Cultura e musica

Filarmonico al completo per il ritorno della ricca Hanna Glawari

Una divertentissima Marisa Laurito nei panni di Njegus

Domenica 9 marzo il Teatro Filarmonico di Verona ha riportato in scena l’ultima e apprezzatissima replica dell’operetta in tre atti La Vedova Allegra di Franz Lehár.
Il magnifico allestimento, già proposto nel febbraio 2005, porta la firma di Gino Landi per la regia e la coreografia, di Ivan Stefanutti per le magnifiche scene e di William Orlandi per i lussuosi costumi. Il M° Roberto Gianola ha diretto con il giusto brio l’Orchestra e Coro della fondazione Arena.

Sin dal suo debutto, Die lustige Witwe ha riscosso un grandissimo successo ed è ancora oggi probabilmente la più celebre delle operette. La vicenda è tratta da L’attaché d’ambassade, una commedia scritta da Henri Meilhac nel 1861. Nel capolavoro di Lehár coesistono tutti i temi classici del genere: il soggetto sentimentale, l’ambientazione falso-storica, le danze tipiche (la czarda, il valzer, il can can), il matrimonio, l’infedeltà, il denaro, la politica e l’eccentrica mondanità aristocratica, fatua e donnaiola.
La storia è ambientata  nella Parigi della belle époque ed i personaggi sono nobili semi-decaduti e alti funzionari dell’ambasciata dell’improbabile Stato del Pontevedro (una sorta di riassunto sia di Vienna che del Montenegro), collocato, nell’immaginario del librettista, nell’Europa centrale e sull’orlo della bancarotta.
Gino Landi, nella sua regia, mette in scena tutti questi temi incorniciandoli in un’atmosfera dorata e fiabesca, “molto femminile e tradizionale … perché la gente (di ieri come di oggi, aggiungo io) vuole sognare”, come ha affermato in un’intervista rilasciata nel 2005. Interessanti alcune idee registiche, come quella di affidare la parte di Njegus a Marisa Laurito che con la sua verve ed il suo carisma ha divertito il pubblico che talvolta iniziava a sorridere ancor prima che l’attrice aprisse bocca.
Il conte Danilo (Markus Werba) ha da subito catturato l’attenzione con il suo piglio naturalmente dandy, disinvolto e anche divertente con le sue mossettine caricaturali; ben intonato e cantato con vigore il suo pezzo all’entrata del primo atto "Vo' da Maxim allor", ma anche il duetto con Hanna "Hop là, hop là".
Buona anche l’interpretazione di Francesco Verna e Daniela Schillaci rispettivamente nelle parti del Barone Mirko Zeta e sua moglie Valencienne (anche brava ballerina!). Meno convincente e con poca voce Hanna Glavari impersonata da Natalia Roman.
Bello e al limite dell’acrobatico, l’inserimento nel terzo atto di una parte del can can di Gaité Parisienne su musiche di Jacques Offenbach e Manuel Rosenthal, nonché il passo a due delle “statue” danzanti nel giardino.

Sonia Baccinelli 9 marzo 2014