
L’Orchestra des Champs-Élysées e la violinista Patricia Kopatchinskaja in una singolare esibizione al Settembre dell’Accademia.
Il penultimo concerto del Settembre dell’Accademia 2008 ha coinciso con la chiusura del mini-ciclo beethoveniano su cui si è incentrata la seconda parte della rassegna. Una serata monografica in cui l’Orchestra des Champs-Élysées, diretta da Philip Herreweghe ed accompagnata dalla solista Patricia Kopatchinskaja, ha eseguito il Concerto per violino e orchestra, la Romanza per violino n.1 e la Settima Sinfonia del compositore di Bonn.
Caratteristica peculiare di questa formazione francese, nata nel 1991, è quella di esibirsi con strumenti d’epoca, e quindi ecco archi con manico più corto, corni senza pistoni, fiati senza chiavi in metallo e così via. Il suono, come ben si sa, esce quindi più ruvido, secco, mescolato a quella non trascurabile percentuale di “rumore” che il musicista Frans Brüggen ha riconosciuto essere elemento imprescindibile delle orchestre che suonano con questo tipo di strumenti.
Piena conferma di questo assioma si è avuta nel brano d’apertura, ovvero il Concerto per violino e orchestra, di cui abbiamo ascoltato un’interpretazione estremamente corretta ma altrettanto asciutta, priva di qualsivoglia abbandono di matrice romantica. Ciò non ha comunque impedito di apprezzare la straordinaria caratura tecnica delle singole sezioni, da cui non traspariva la minima sbavatura. Perfettamente a suo agio all’interno di questa lettura si è mossa la Kopatchinskaja, che ha fornito una prova di grande virtuosismo oltre che di eccellente padronanza dello strumento, recuperando per il primo movimento una cadenza che, pur essendo sempre di mano beethoveniana, non è quella che di solito siamo abituati ad ascoltare, ed eseguendola con eclettico virtuosismo screziato da sonorità di stampo novecentesco.
Ulteriore conferma di questa linea interpretativa si è avuta nella successiva Romanza numero 1 un sol maggiore e nel curioso bis offerto alla fine della prima parte.
Straordinaria è stata la prova dell’orchestra soprattutto nella seconda parte, dedicata alla Settima Sinfonia. Il suono qui si è fatto più caldo e rotondo, acquisendo anche in espressività, offrendoci un Beethoven scabro ma moderno, vivo, mai cerebrale. Eccellenti le prove delle sezioni degli archi e dei legni, in un crescendo di vitalità che altro non ha fatto che confermare quanto possa essere pertinente l’apocrifa definizione di “apoteosi della danza” attribuita a questa partitura in epoca romantica.
Il concerto è stato salutato da calorosi applausi ricambiati da un bis haydniano.
Davide Cornacchione 5 ottobre 2008