Recensioni - Cultura e musica

Finto Stanislao: impostore per un giorno, certamente non un traditore

Italia: paese del bel canto e della buona cucina

Da sempre la critica ha considerato quest’opera come un lavoro di poco conto, anche se di fatto il prodotto finale non è poi così mal riuscito. Il libretto scritto da Felice Romani, il più quotato librettista dell’epoca, presenta infatti dei versi riusciti e anche la musica del giovane compositore di Busseto offre delle soluzioni inattese. Certo i brani risentono ancora della lezione di Donizetti e Rossini, ma Verdi inizia il suo percorso di ricerca personale che non disturba certo lo spettatore di oggi tenendo conto della parabola dell’evoluzione verdiana nella composizione.
La comicità in Verdi non è paragonabile all’arguzia di Mozart: è piuttosto una leggerezza dell’animo umano che si lascia trasportare dal corso degli eventi, è il vivere un po’ alla giornata. Infatti la trama si svolge in un sol giorno e l’allestimento del 1997 di Pier Luigi Pizzi, sapientemente calibrato per l’eleganza e la raffinatezza, farebbe di un qualsiasi villano un principe.
La storia è molto semplice: due donne, la marchesa del Poggio e Giulietta, amano due uomini e desiderano sposarli. Entrambe sono giovani e belle e cercano in tutti i modi di perseguire il loro scopo: la marchesa ama il Cavaliere di Belfiore che veste i panni di Stanislao e non si può tradire per amore della patria, mentre la dolce Giulietta deve cercare di sottrarsi al volere dello zio che la vorrebbe moglie del ricco tesoriere anziché del bell’Edoardo.
Nonostante i personaggi abbiano una scarsa caratterizzazione, fatta eccezione per il Barone ed il Tesoriere, si può dire che Verdi abbia voluto dare pressappoco lo stesso spazio a tutti, senza far torto a nessuno. Tra i cantanti, tutti allievi dell’accademia di Canto del Teatro alla Scala di Milano, particolarmente apprezzato è stato Simon Lim nelle vesti del Barone di Kelbar: voce forte e profonda presupposto per essere in futuro un buon basso. Bravo e molto applaudito il Cavaliere di Belfiore alias Stanislao, Filippo Polinelli che ha avvolto lo spettatore con la morbidezza e la pacatezza del suo canto sobrio e composto. Buona anche la prova offerta da entrambe le donne, Teresa Romano e Ludmilla Bauerfeldt rispettivamente Marchesa del Poggio e Giulietta. A dirigere l’orchestra dell’Arena di Verona è stato il Maestro Stefano Ranzani che ha conferito all’opera un ritmo vivace ed brillante. Poco vigoroso l’apporto del coro.
Davvero apprezzato l’allestimento, naturalmente tradizionale, sia per le scene che per gli abiti. Gli ambienti non erano certo quelli della lontana Polonia, ma della vicina Parma e per qualche istante ci siamo immaginati di essere sotto i volti del palazzo della Pilotta pensando ad un bel piatto di prosciutto crudo accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso. Ed il regista ha senz’altro sottolineato con forza che l’Italia, oltre ad essere il paese del bel canto, ha anche il culto del buon cibo ed è il luogo con il più grande patrimonio artistico - architettonico del mondo. Speriamo però  che la nostra bella Italia non venga fagocitata dal colosso orientale, dal momento che dei sette ruoli principali, ben tre sono stati affidati a cantanti di provenienza asiatica.

Sonia Baccinelli 7 marzo 2013

 


Il Teatro Filarmonico di Verona ha inaugurato l’anno del bicentenario della nascita di Verdi con un’opera “minore”  del celebre musicista: Un giorno di Regno è infatti la seconda opera lirica di Verdi e la prima di genere buffo, almeno fino al grande Falstaff.
L'allestimento scenico è stato coprodotto dalla Fondazione Teatro Regio di Parma e dalla Fondazione Teatro Comunale di Bologna.