Recensioni - Cultura e musica

Haruki Murakami scrittore di confine

Haruki Murakami e’ uno scrittore giapponese nato a Kobe nel 1949. Dopo essersi laureato con una tesi sul viaggio nel cinema americ...

Haruki Murakami e’ uno scrittore giapponese nato a Kobe nel 1949. Dopo essersi laureato con una tesi sul viaggio nel cinema americano, si e’ dedicato, come il protagonista del suo ultimo romanzo, alla gestione di un jazz bar. Ha tradotto in giapponese Francis Scott Fitzgerald, Raymond Carver e John Irving.

Si definisce un amante della cultura pop, gli piacciono i Rolling Stones, David Lynch, i film dell'orrore, i gialli e la sua intenzione sarebbe quella di usare le strutture della letteratura “di genere” per raccontare le sue storie in una sorta di mediazione tra cultura “alta” e “bassa”.

Nell’ultimo romanzo pubblicato in Italia (Feltrinelli 2000) A sud del confine, a ovest del sole [1992], il protagonista, Hajime, nato in una normale famiglia giapponese, ha come unica anomalia di essere figlio unico. Questa condizione lo fa sentire “incompleto” e lo spinge ragazzino a fare amicizia con Shimamoto, una coetanea anche lei figlia unica, con la quale condivide i suoi maggiori interessi, la lettura e la musica. Passano gli anni, si perdono di vista, Hajime si sposa, apre un jazz bar, Shimamoto è un ricordo che ogni tanto ritorna. Finché improvvisamente, dopo più di vent'anni, elegante e bellissima, Shimamoto riappare una sera nel bar.

Il primo libro di Murakami apparso in Italia (Longanesi 1992), Sotto il segno della pecora [1982] ha come protagonista un uomo che conduce una vita normale che, per una serie di circostanze fortuite, comincia a frequentare una ragazza che fa contemporaneamente tre lavori: la correttrice di bozze part-time, la modella commerciale specializzata in primi piani delle proprie bellissime orecchie e la ragazza squillo in un discreto club per pochi intimi.

Come in quasi tutti i romanzi di H.M. la situazione di partenza e’ una pausa nell’esistenza del protagonista che lascia il lavoro e con i risparmi accumulati si concede una vacanza e si mette alla ricerca. In questo romanzo lo scrittore ci racconta con la piatta colloquialita’ della vita di tutti i giorni l’improbabile ricerca di una creatura a meta’ strada tra realta’ e fantasia, l’uomo-pecora.

La vicenda ha una continuazione in Dance dance dance ([1988] Einaudi 1998) dove il protagonista, per trovare la ragazza squillo sparita senza lasciare traccia, torna sul luogo del loro ultimo incontro, il Dolphin Hotel di Sapporo. Qui il vagabondare si tinge di giallo, il protagonista si improvvisa detective e scopre che il piccolo albergo démodé nel quale aveva alloggiato con la ragazza si è trasformato in un grandioso hotel ultramoderno con grandi superfici di vetro e acciaio dove, prendendo l'ascensore, può capitare di venire trasportati in uno spazio buio e gelato abitato da presenze inumane. L’albergo si manifesta come un intreccio di inconscio ed esistenza, uno “stato mentale che ha assunto la forma di albergo”, una linea di confine tra incubo e realta’.

Lo stesso buio assoluto e silenzioso, in cui il senso del tempo fluttua, si dilata e si contrae, lo ritroviamo nel pozzo senz’acqua che sta al centro della storia fiabesca e surreale de l’uccello che girava le Viti del Mondo ([1994] Baldini&Castoldi 1999), che comincia con un matrimonio in crisi e che diventa un magistrale intreccio di lezione storica sui crimini di guerra, analisi del profondo, racconto del mistero.

Norwegian Wood-Tokyo Blues (Feltrinelli 1993) e’ invece un "un romanzo d'amore non troppo sentimentale" ambientato nella Tokyo degli anni della contestazione. Il protagonista e’ uno studente universitario che vive in un collegio maschile, che legge molto e soprattutto rilegge continuamente Il grande Gatzby di Scott Fitzgerald e sulla base del quale, inevitabilmente, interpreta la propria condizione:

“Fuori dal boschetto mi sedetti sul pendio di una piccola collina e da li’ guardai l’edificio dove viveva Naoko. Riconoscere la sua casa non fu difficile. Bastava cercare la finestra dove, invece delle lampade accese, si vedeva nel fondo una piccola luce un po’ tremolante. Restai a lungo, completamente immobile, a fissare quella luce. Mi fece venire in mente l’ultima fiamma di uno spirito che continua a rimanere accesa. Avrei voluto circondarla con le mani per impedire che si spegnesse. Restai a lungo a guardare la fiammella che tremava leggermente come Jay Gatsby ogni notte guardava quella piccola luce dall’altra parte della baia.”

Paolo Bortolotti