Recensioni - Cultura e musica

I Berliner a coronamento di oltre 20 anni di grande musica a Verona

La prestigiosa orchestra per la prima volta al Teatro Filarmonico in un’anticipazione del Settembre dell’Accademia

Quando, dopo le prime edizioni, il Settembre dell’Accademia iniziò a trasformarsi da importante appuntamento musicale  a passerella delle più importanti orchestre del mondo iniziò a girare la battuta: “Vedrete che dopo la Filarmonica della Scala, la Filarmonica di San Pietroburgo, la London Symphony Orchestra, eccetera, arriveranno anche i Berliner”. Poi negli anni successivi dopo aver ascoltato anche l’orchestra di Cleveland, la Staatskapelle Dresden, la Concertgebow, e per ben 2 volte i Wiener, in molti cominciarono a pensare che quella circostanza che una volta suonava come un’iperbole avrebbe potuto veramente realizzarsi.

Ed infatti, dopo oltre 20 anni di questa prestigiosa rassegna i Berliner Philharmoniker hanno potuto firmare il registro degli ospiti illustri del Settembre dell’Accademia, anche se in leggero anticipo rispetto alla stagione.
La locandina iniziale del concerto prevedeva la presenza sul podio dell’attuale direttore musicale Sir Simon Rattle, che però, causa impegni familiari, ha ceduto la bacchetta a quello che attualmente sembra il più accreditato tra i suoi successori nel 2018, quando scadrà il suo mandato, ovvero Gustavo Dudamel.
Il programma impaginato dal giovane direttore comprendeva una prima parte dedicata a due fantasie di Čajkovskij di ispirazione shakespeariana, ovvero La Tempesta e Romeo e Giulietta, ed una seconda parte interamente occupata dalla prima sinfonia di Brahms.
Alla luce dell’ascolto si è potuto evincere che la grande sintonia tra Dudamel e i Berliner nasce soprattutto dalla grande propensione del direttore venezuelano ad assecondare, forse anche troppo, le caratteristiche peculiari dell’orchestra. La costante che ha infatti accomunato l’esecuzione di tutte tre le partiture è stata una grande attenzione al suono, sempre pieno e pastoso ma mai pesante, anzi, ricchissimo di colori e sfumature. In sostanza quel suono bellissimo, irripetibile, che è caratteristico dell’orchestra berlinese e che tutti siamo abituati a conoscere ed ammirare.
Il perfetto equilibrio tra le singole sezioni è emerso in più passaggi, quali ad esempio il magnifico tappeto d’archi che ha aperto la Tempesta o il perfetto impasto archi gravi – legni all’inizio del Romeo e Giulietta, per non parlare degli interventi degli ottoni, forse i migliori al mondo.
Di fronte a tanta grazia l’approccio scelto da Dudamel, e che in parte si è rivelato anche il suo limite, è stato quello di esibire tutta la magnificenza sonora dei Berliner, rinunciando però ad un taglio interpretativo che caratterizzasse maggiormente le singole partiture imprimendovi una marcata personalità direttoriale. Caratteristica questa che, se magari si è notata meno in Čajkovskij,  è emersa più chiaramente  in Brahms, autore che insieme alle altre due “B”  (Beethoven e Bruckner) si può dire che costituisca il DNA dell’orchestra. Abbiamo così potuto ascoltare il Brahms dei Berliner che però poco o nulla ha lasciato trasparire del Brahms di Dudamel. L’eccellenza dell’esecuzione ha comunque trascinato il pubblico che esauriva il Teatro Filarmonico in una serie di ripetute e meritate ovazioni ricambiate da un bis di Bernstein.

Davide Cornacchione 23 giugno 2013