Recensioni - Cultura e musica

I cento anni di Aida con la Fura dels Baus

L’Arena di Verona ripropone l’innovativo allestimento presentato lo scorso anno

Ripensare in toto un’opera classica come Aida non è certo facile, ma l’allestimento creato lo scorso anno dalla Fura dels Baus per celebrare il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi e il centenario del Festival Lirico Areniano, avvenuto nel 1913 appunto con Aida, è stato certamente audace e di tutto rispetto.

Tra le numerose versioni e rifacimenti, questo è decisamente il più insolito visto in Arena con le comparse già in scena sin dall’ingresso del pubblico sulle gradinate. Una squadra di esploratori inglesi è intenta a smontare i monumenti egiziani per spedirli al British Museum di Londra dove verranno sicuramente esposti gratuitamente e conservati con cura nei prossimi secoli, solo come i sudditi di sua maestà hanno ormai imparato a fare magistralmente da anni e dai quali abbiamo ancora molto da imparare nonostante le manovre e manovrine pensate dai nostri vari governi che faticano a gestire la nostra più grande ricchezza.
Walter Fraccaro si è rivelato un solido Radames, sin dalla romanza “Celeste Aida” concludendone ottimamente il finale. Intenso ed appassionato il terzetto “Vieni, o diletta, appressati” eseguito con Aida ed Amneris rispettivamente impersonate da Hui He e Lucrecia Garcia. Molto scenografico l’incedere del coro e le insegne dei geroglifici egiziani che prendono fuoco in quota, mentre il coro canta, forse un po’ sotto tono, la celebre marcia che invoca la “Guerra!” contro lo straniero. Applauditissima Hui He in “Ritorna Vincitor”, aria in cui ha dimostrato un’escursione vocale ampia e sicura concludendo il finale pianissimo, ma facendolo davvero sentire fino all’ultima nota della partitura. Interessanti, anche se risulta difficile parlare di coreografia, le idee per i movimenti scenici dei ballerini e del coro che hanno accompagnato la chiusura del primo atto.
Il secondo atto è forse quello che ha più sofferto dei rimaneggiamenti di questa fantasiosa edizione, dato che il pubblico areniano è abituato a marce trionfali pompose e in grande stile; l’aver messo in scena cammelli, scarabei ed elefanti semoventi non è dispiaciuto in un primo momento, anzi è stato divertente, ma, passato il momento della novità, questo girotondo di macchinari dal sapore più o meno leonardesco è risultato noioso e quasi disturbante, oltre al fatto che è avvenuto a discapito del balletto. Inoltre l’idea dei lavori in corso continuati per tutta la durata del secondo atto è stata fonte di distrazione.
Il terzo ed il quarto atto sono stati decisamente meglio strutturati e riusciti. In particolare il terzo atto con il palco allagato per la metà a proscenio ha contribuito a rendere reale l’idea del Nilo solcato dalla feluca circondata dai coccodrilli. Ancora una volta brava a Hui He nella sua romanza “O cieli azzurri”. Nel duetto con Aida/Amonastro persino le palme che si agitano sul fondo sembrano inchinarsi alla volontà regale. Commovente e ben eseguito “Pur ti riveggo, mia dolce Aida”: la voce di lui piena e potente è stata ben contrastata da quella di lei vigorosa e altissima preannunciano il finale intenso e bellissimo dove la struttura a mezza cupola faticosamente costruita negli atti precedenti va a chiudere gli amanti in una struttura che fa pensare più ad una vita futura che alla morte sotto una fredda pietra tombale.

Sonia Baccinelli 15 luglio 2014