Recensioni - Cultura e musica

IN DISCO: Ô mon bel inconnu, un'interessante riscoperta

l'opera di Reynaldo Hahn riproposta dall'etichetta Palazzetto Bru Zane

Un negozio di cappelli. Tra una galleria di inanimati copricapi, la vita dei coniugi Aubertin, una coppia non più giovane con tanto di figlia e di cameriera a dividere casa e bottega, scorre monotona e malinconica, come su un palcoscenico privo di riflettori dove le incomprensioni e i rancori hanno da tempo soppiantato la poltrona dell’amore. A movimentare questa calma piatta sarà la trovata di monsieur Aubertin di pubblicare su un giornale un annuncio in cui, nei panni di un affascinante sconosciuto, cerca l’anima gemella. Una falsa identità che lo esporrà all’incognita di chi – tre figure femminili – raccoglierà l’invito ad un incontro segreto, in una sontuosa villa sperduta nei Paesi Baschi. Il dardo lanciato finirà per innescare una vera e propria commedia degli equivoci che a ritmo serrato condurranno al finale: rocambolesco, velenosamente spiazzante, con un retrogusto dolceamaro che proietta sulla leggerezza della trama l’ombra nuova di una malinconia di fondo, di una resa e di accettazione alla vita ed alle sue condizioni.

La figura di Reynaldo Hahn vive e si spegne quasi sempre nella fugace citazione dei suoi rapporti, sentimentali prima, di grande amicizia ed affetto poi, con Marcel Proust, ma – come rivela il suo “Ô mon bel inconnu” pubblicato nel 1933, è in realtà figura magnifica, sfaccettata, torreggiante nel sovreccitato scenario della Francia di prima metà di XX secolo. Con la vocazione da acuto quanto instancabile palombaro della letteratura ancora sommersa in fondo ai bauli della memoria, il Palazzetto veneziano Bru Zane continua nella sua straordinaria missione scientifico-divulgativa, consegnandoci l’ennesima perla del suo forziere. Tre atti per un’ora di ascolto in cui affiora, di questo compositore nato a Caracas ma presto approdato in Francia, Paese per il quale combatterà nel primo conflitto mondiale e dal quale dovrà fuggire negli anni dell’occupazione nazista, la spumeggiante felicità inventiva, servita in una scrittura “mozartiana” per levità, nitore e mobilissima abilità nel combinare e sparigliare di continuo le carte di una raffinatissima drammaturgia. Una fucina che, senza spingersi troppo oltre la comfort zone di un impasto armonico ancora radicato al di qua della cortina delle avanguardie, addirittura ammiccante a stilemi anticati in diversi momenti, osa insinuare il sottile narcotico di mille travestimenti - combinazioni, effetti, soluzioni - e, soprattutto, ne sa combinare con mirabile equilibrio le contrastanti anime. Inutile dire che l’ironia – corda che la conduzione di Samuel Jean alla testa dell’Orchestre National Avignon-Provence sa solleticare con arguzia e magnifica misura – scorre a fiumi, annidata nella musica quanto nel libretto tutto sincopi e virate di Sacha Guitry, a cui a sua volta il corpo sonoro si intreccia con perfetta complicità. Da applausi l’Antoinette di Véronique Gens, impegnata in un’autentica gara di bravura con i suoi comprimari: la Marie-Anne di Olivia Doray, la sagace Félicie di Elénoire Pancrazi ed il maldestro Prosper di Yoann Dubruque.

Reynaldo Hahn
Ô mon bel inconnu

Palazzetto Bru Zane
2021