Recensioni - Cultura e musica

Il Balletto dell’Opera di Tiblisi conquista il Teatro Regio di Parma

Un’incantevole serata di danza per la rassegna Parmadanza 2024

Il secondo titolo di Parmadanza 2024 è stato un vero gioiello dall’inizio alla fine della serata e non avrebbe potuto essere diversamente pensando alla provenienza del corpo di ballo. Il Balletto dell’Opera di Tiblisi, infatti, è uno tra i migliori al mondo. Inoltre, Il lago dei cigni è il balletto dei balletti, quello che nell’immaginario collettivo ricorda la danza classica per eccellenza, quella col tutù bianco e le scarpette da punta.

Il capolavoro di Petipa-Ivanov ha il fascino intramontabile della favola d’amore dove il bene lotta con il male, dove troviamo principi e principesse provenienti da ogni paese, dove natura e architettura si fondono in un tutt’uno dando vita a quadri indimenticabili. Pur essendo quello di Odette-Odile uno dei ruoli più ambiti del repertorio, il Corpo di Ballo è il vero protagonista di questo titolo. Le ballerine di Tiblisi sono state eccezionali: la precisione geometrica degli spostamenti è stata impeccabile e l’affiatamento del corpo di ballo totale. I piedi leggeri e felpati (dote che non appartiene a tutti i corpi di ballo) si sono mossi sull’assito del palco del Regio rendendo le fanciulle-cigno evanescenti, quasi volassero a pelo d’acqua. Brave le quattro interpreti dei piccoli cigni (Nino Makhashvili, Ana Ksovreli, Tatia Isakadze, Sesili Guguchia), ma ancor più quelle dei grandi cigni (Ekaterine Makhashvili, Salome IaraJuli, Elene Gaganidze) con un vigore e una forza nei salti davvero impressionanti.

La protagonista, Nino Samadashvili, come sempre nel duplice ruolo di Odette-Odile ha dimostrato una tecnica solida in tutti e tre gli atti che la vedono in scena: linee precise, port de bras morbido o graffiante a seconda che indossasse il tutù bianco o nero, elegantissima. Peccato però che la mimica facciale sia risultata molto spesso algida, poco coinvolgente e con davvero poca differenza tra il terzo atto e gli atti bianchi. Odile dovrebbe ammaliare Sigfried con lo sguardo, col sorriso, con l’inclinazione intrigante della testa, ma purtroppo tutto questo è venuto a mancare. Ottimo lavoro anche per Daler Zaparov nel ruolo di Sigfried, che ha sfoggiato una brillante tecnica di giri e una discreta elevazione, forse castrata dalle misure del palcoscenico. Credibile anche Marcelo Soares nei panni del perfido Rothbart.

Nel terzo atto le danze di carattere sono state una più raffinata dell’altra nella coreografia rivista da Alexey Fadeechev. Un insieme che troverebbe ragione di esistere anche come atto unico data la sua straordinaria bellezza. Magnifici e suggestivi gli ambienti disegnati dalla sapiente arte di Vyacheslav Okunev. I costumi ricercati e impreziositi da passamanerie, voile, punti luce e pietre colorate sono stati un altro punto di forza dello spettacolo come ben ci si poteva aspettare dal paese che vanta la nascita dell’oreficeria. La corona e gli abiti della Regina madre sembrano usciti direttamente dalle mani degli artigiani della Colchide.

Unica nota negativa? La leggera pendenza del palco ha messo talvolta in difficoltà gli interpreti soprattutto per quanto riguarda i giri. Probabilmente le nuove generazioni di ballerini sono poco avvezze ai teatri storici come il Regio di Parma, ma sicuramente anche lo standard tecnico richiesto è sempre maggiore e quindi queste perdonabilissime imprecisioni talvolta vengono a galla.