Recensioni - Cultura e musica

Il Corsaro di Manuel Legris nuovo gioiello del Teatro alla Scala

Il celebre balletto di Adam trionfa in un teatro esaurito

Alla Scala sta andando in scena l’ultima versione di Le Corsaire di Manuel Legris, un capolavoro di bellezza imperdibile per tutti coloro che hanno il palato fine. Creato nel 2016 per l’Opera di Vienna, questo adattamento risulta mirabilmente cucito addosso ai ballerini scaligeri.

Il corsaro di Manuel Legris è come una perla ovvero costituito da tanti strati ciascuno con una sua peculiarità. La rilettura del poema di Lord Byron ha restituito una trama più snella e comprensibile, ragion per cui la serata scorre fluidamente tra ambientazioni orientaleggianti, duelli, danze di carattere e momenti di lirismo assoluto. Lo stile coreografico del Direttore del Teatro alla Scala nasce totalmente in simbiosi con la musica di Adolphe Adam che in questa versione viene in parte rimaneggiata, operazione non nuova se si pensa alla nascita ed evoluzione di tanti balletti del repertorio classico, ma in particolare al Corsaro stesso. La danza è qualcosa di vivo, che si evolve per stile, tecnica e gusto. Le nuove legazioni di Legris si fondono mirabilmente con il tecnicismo di epoca sovietica passando per l’eleganza dello stile francese immerso nei colori araboturchi di Delacroix.

Le danze sono rapide ed allegre. I ballerini mostrano un lavoro di piedi veloce e scattante. Il vocabolario dei salti viene sfruttato a trecentosessanta gradi: piccoli e grandi salti, lavoro di batteria con l’aggiunta di cambi di direzione e formazioni dai disegni assai fantasiosi sono più che degni di affiancare quelli ormai consueti di Petipa. In particolare, l’inserimento di alcune danze di carattere, come La danza delle donne dei corsari, rende frizzante l’aria del palcoscenico e regala nuova vita alla grotta. Certo, alcuni capisaldi della tradizione, come il Grand pas de deux classique del secondo atto sono stati mantenuti praticamente intatti. Per molto tempo l’Occidente ha conosciuto Corsaro, ormai dimenticato nei teatri europei, solo grazie a questo passo a due e solo grazie alla coppia Fonteyn-Nureyev. Il tartaro volante ne fece il suo cavallo di battaglia e in molti gala questo pezzo è un imprescindibile appuntamento virtuosistico.

Il primo cast ha mantenuto livelli d’eccellenza in tutti e tre gli atti. Nicoletta Manni e Timofej Andrjashenko hanno danzato con infinito amore tra loro stessi essendo coppia sul palco e anche nella vita, ma soprattutto amore per la danza. La Manni è una Medora straordinaria: tecnica d’acciaio nelle gambe, morbidezza angelica nel port de bras, dolcezza nell’ovale perfetto del viso fanno di lei un’artista completa. Dal pas courus ai fouettés all’italiana per non parlare poi dei fouettés tripli della coda del passo a due, questa straordinaria ballerina rappresenta la quintessenza del balletto classico. Timofej Andrjashenko è un Cornrad che si innamora a prima vista sul palco e forse anche nella vita di questa donna stupenda (viene anche da chiedersi chi non lo sarebbe). Il suo corsaro è nobile e bello. Classe 1994 è Andrjashenko nel pieno del suo vigore fisico e lo ha ben dimostrato.

Marco Agostino, nel ruolo di Lankedem, il mercante di schiave senza scrupoli, ha avuto un’estrema sicurezza sia nell’interpretazione del personaggio, che nell’esecuzione delle variazioni soliste. In quella del primo atto i suoi atterraggi in gran plies sono stati di un’elasticità straordinaria e la sequenza di tour en l’air da manuale. Maria Celeste Losa ha interpretato Gulnare. Nel momento in cui appare a viso coperto e lentamente si svela al pubblico e al Pascià non ha mai avuto la benché minima esitazione nonostante la difficoltà del costume di scena.  Claudio Coviello danza per la prima volta nel ruolo del cattivo. Il suo Birbanto è audace e spericolato nella storia e sul palcoscenico. Eccellente tecnica di grandi salti, dimostra energia da vendere. Le danze di carattere in coppia con Zulmea, Antonella Albano, sono dinamiche, veloci e coinvolgenti. L’assolo creato da Legris per questo personaggio corrobora la tradizione francese iniziata dall’imperatrice Eugenia facendo rivivere le anime di Fanny Elssler e Carolina Rosati. Le tre odalische, Linda Giubelli, Gaia Andreanò e Camilla Cerulli hanno offerto un cameo all’interno di una serata già di per sé indimenticabile.

Tutto il Corpo di Ballo è stato meraviglioso. Il quadro del Jardin animé, al quale hanno preso parte anche i giovani allievi della Scuola del Teatro, pareva una bomboniera. Le corolle di fiori hanno composto disegni geometrici con perfezione impeccabile calando anche lo spettatore nella dimensione onirica insieme al Pascià interpretato da Gioacchino Starace. Un sogno dal quale non avremmo mai voluto svegliarci.
La direzione del Maestro Valery Ovsyanikov, che aveva già diretto l’edizione del 2016 all’Opera di Vienna, è stata brillante premettendo così ai ballerini di dare il meglio di loro stessi e valorizzare il lavoro coreografico di Manuel Legris.
Le scene ed i costumi disegnati da Luisa Spinatelli sono eleganti, opulenti e raffinati al tempo stesso. Il disegno sul sipario col veliero, la nave dei pirati che ondeggia in balia del mare grosso, le costellazioni di stelle, le ceramiche smaltate che ornano la sontuosa reggia del Pascià sembrano le pagine di un fantastico libro di fiabe. I colori e la trama delle stoffe sono accostati con sapiente maestria: leggeri chiffon, tessuti damascati, sete cangianti sono arricchiti da passamanerie, paillettes e pietre colorate che regalano una luce ulteriore rendendo l’insieme ancor più prezioso. Splendide tutte le acconciature.

Applausi e numerose chiamate a sipario per tutti i ballerini in un teatro che finalmente torna ad essere al completo. Repliche fino al 17 marzo.

Sonia Baccinelli