Recensioni - Cultura e musica

Parma: Il Festival Verdi prosegue con un’intensa Messa da Requiem

Un’esecuzione in cui la componente spirituale e quella drammatica convivono in perfetto equilibrio.

Precedute da un minuto di silenzio dedicato alle vittime del Coronavirus, sono risuonate venerdì 18 settembre nel Parco Ducale di Parma le note della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, secondo appuntamento del Festival Verdi 2020. Partitura tra le più eseguite in questo tempo di commemorazione e di cauta ripresa, non poteva naturalmente mancare nel festival che al suo compositore è dedicato e che si svolge nelle sue terre d’origine.

Scritta dall’anticlericale Verdi per commemorare la scomparsa del cattolicissimo Alessandro Manzoni, la Messa da Requiem è una composizione intrisa di spiritualità che sfugge però a qualsiasi forma di religiosità convenzionale. In quest’opera Verdi, libero da qualsiasi condizionamento che impone l’azione teatrale, ha potuto far confluire quanto dal punto di vista musicale aveva maturato nel corso di oltre 30 anni di attività. Non mancano inoltre alcune pagine che nascono da rielaborazioni di materiale espunto da altre composizioni, quali il Lacrymosa che proviene dalla prima versione del Don Carlos o il Te decet hymnus che avrebbe dovuto essere l’inizio del terzo atto di Aida, per tacere del Libera me Domine,  composto per quella messa a Rossini scritta dai più eminenti musicisti dell’epoca, che però venne eseguita oltre 100 anni dopo e che costituisce la cellula primigenia di questo Requiem. È infatti proprio il Libera me che, con la sua tonalità di Do maggiore chiude la composizione con un messaggio di speranza, a caratterizzare questo Requiem più come una messa per i vivi che per i defunti, ed è il motivo per cui il suo messaggio è di grande attualità in questo momento in cui, dopo gli innumerevoli lutti, bisogna ricominciare a guardare avanti. È grande quindi la commozione a questa esecuzione in terra parmense che i complessi del Teatro Regio, guidati dal Maestro Roberto Abbado hanno interpretato con intensa partecipazione.

Abbado sceglie di far risaltare la spiritualità dello spartito ma senza rinnegare quella marcata componente teatrale che la caratterizza, ed opta per una lettura chiaroscurata, dai contrasti marcati, in cui il Dies Irae arriva dirompente, il Liber scriptus è intriso di solennità, il Sanctus è pulsante di vitalità, ma allo stesso tempo l’Agnus Dei si distingue per la soave dolcezza mentre il Lacrymosa attacca dopo un breve rallentando che crea una sorta di sospensione che porta ad una ancora maggiore interiorizzazione di questa pagina sublime.
Ottima la prova dell’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini che, in perfetta sintonia con l’interpretazione proposta da Abbado, mostra totale adesione alla partitura, mentre il Coro del Teatro Regio, magistralmente preparato da Martino Faggiani si conferma ancora una volta una delle nostre eccellenze musicali di cui andare più fieri.

Omogeneo il quartetto vocale che si è distinto sia nei brani singoli che in quelli d’insieme, nonostante qualche forzatura nell’emissione, sicuramente dovuta al fatto di esibirsi all’aperto. Eleonora Buratto ha timbro luminoso ed un perfetto controllo dei fiati che le permette di emergere sia nelle pagine più raccolte che in quelle più drammatiche. Da segnalare l’ottima esecuzione del Libera me o la dolcezza con cui la sua voce si sposava con quella mezzosopranile di Anita Rachvelishvili nell’Agnus Dei o nel Recordare. Il mezzosoprano georgiano ha voce possente, centri saldissimi e un bel registro grave che le hanno consentito di realizzare un’interpretazione di grande intensità e dai marcati contrasti. La voce tenorile di Giorgio Berrugi è squillante e ben proiettata e la sua interpretazione dell’Ingemisco è stata di grande partecipazione. Roberto Tagliavini, nonostante il timbro un po’ chiaro, si è rivelato interprete raffinato ed è stato protagonista di un Oro supplex autorevole.

Calorosa la risposta del pubblico che si è prodigato in applausi convinti e ripetuti.