Recensioni - Cultura e musica

Il Grande Gatsby arriva a Verona dimenticando il charleston

Un’occasione mancata per una pioggia di dollari

Dove sono finiti i ruggenti anni '20? Dopo aver visto lo spettacolo di ieri sera al teatro Nuovo di Verona, molti tra il pubblico si sono ragionevolmente fatti questa domanda. Il balletto “The Great Gatsby” al quale prendono parte i solisti provenienti dai migliori teatri d’opera del mondo, è uno spettacolo che non decolla, nonostante le capacità tecniche dei ballerini ed i costumi scintillanti.

E il Charleston dov'è finito? Le molte persone in sala venute elegantemente vestite a tema pensando forse di rivivere dal loro palchetto del teatro quell’atmosfera naturalmente chic e frivola descritta nel famoso romanzo di Francis Scott Fitzgerald sono state forse un pochino deluse.

Ma partiamo dalle cose belle. I ballerini indossano stupendi e numerosi costumi scintillanti realizzati dal celebre marchio FROLOV: le reti trasparenti sono impreziosite da pietre sfaccettate e ricami a mano, le calze ricoprono le gambe come oro impalpabile e le frange lunghe o corte arricchiscono ogni capo mettendo in risalto tutti gli interpreti.

Le scelte di illuminotecnica hanno senza dubbio valorizzato lo spettacolo, così come i bei fondali proiettati e gli "effetti speciali ": la discesa dal soffitto di dollari, coriandoli e finanche le stelle filanti sparate sulla platea durante la scena della celeberrima festa immortalata dal film di Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio dove lo champagne scorre a fiumi sono state tra i momenti più godibili della serata.

La musica di Konstantin Meladze e Yurii Shepeta forse è la vera nota dolente, che ha disatteso ogni aspettativa senza però avere la necessaria forza per calamitare anche l’orecchio più raffinato. Essendo la partitura musicale uno degli ingredienti principali per uno spettacolo di danza, possiamo ben capire le difficoltà del coreografo a trovare ispirazione e creatività. Il lavoro di Dwight Rhoden comunque è risultato complessivamente gradevole, ma non coinvolgente nonostante la produzione non abbia lesinato con tanti momenti di gruppo che sono i più impegnativi dal punto di vista economico, dato che significa fare molte prove con l’intero cast. Il corpo di ballo femminile avrebbe potuto essere sfruttato meglio; spesso, infatti, le donne si trovano troppo tempo in seconda fila, di schiena o dietro agli uomini perdendo il senso della femminilità nel balletto. Nel mix di stile contemporaneo e classico, Rhoden utilizza con disinvoltura scarpe da punta, da mezza e charleston in maniera davvero eclettica.

L’idea registica di Ivan Zhuravlov accentua la dicotomia tra i vestiti anni Venti in stile charleston/swing e una colonna sonora priva di qualsiasi riferimento all’epoca storica rappresentata in scena sovrapponendo una coreografia che in più di un’occasione sembra scollata dalle note suonate.

La storia dello spettacolo, iniziata nel 2014 sul palco del Palats Ukraina di Kiev, avrebbe avuto tutte le possibilità per diventare un capolavoro visto il notevole impegno economico dell’impresa e la fame di novità post-Covid nei teatri.

Molto bravi gli interpreti principali: Oleksii Potiomkin e Ieva Racene rispettivamente nei ruoli di Gatsby e Daisy. Ottima prova anche per Dmytro Chebotar (Tom), Artem Shoshyn (Nick), Olga Tymoshiva (Myrtle) e Ivan Zhuralov (George).

Pur capendo tutte le difficoltà tecniche di una tournée internazionale, iniziare con trenta minuti di ritardo, lasciando il pubblico ad attendere in coda fuori dal teatro pare un atteggiamento poco rispettoso delle ormai sempre meno persone disponibili a pagare un biglietto per uno spettacolo che non conoscono.

Sonia Baccinelli

Verona, 30 ottobre 2024