Applaudita esecuzione di Das Lied von der Erde al Teatro all'Antica
Alla fine, sulle sillabe di quel lontano, ripetuto, “ewig” con cui l’affresco di Das Lied von der Erde cala il sipario, era difficile rompere con un applauso l’incanto quasi doloroso di un ascolto così pregnante, ma ne valeva la pena. E così, dal silenzio magnetico di un’ora abbondante di musica, il pubblico che riempiva platea e gradinate del Teatro all’Antica riemergeva in un festante, doveroso tributo agli interpreti.
Lo scorso 21 settembre, prima data del Sabbioneta Chamber Opera Festival, era il sublime testamento mahleriano a sciogliere idealmente il nastro di un fitto calendario che si snoderà fino a domenica 6 ottobre. Concerti, assaggi d’opera e master class contrassegnati dalla presenza di artisti di calibro internazionale riporteranno, come ha sottolineato il sindaco della città Marco Pasquali, lo scrigno rinascimentale voluto da Vespasiano Gonzaga agli antichi fasti, grazie anche ad una sinergia che, nelle intenzioni espresse anche dal Direttore Artistico Andrea Castello, intende rinsaldare i legami con Vicenza, nel segno dei due Teatri Olimpici. Un connubio fatto di concretezza e di forte spinta progettuale che ha visto – occasione singolarmente felice, nella provincia italiana – i due Conservatori di Mantova e Vicenza collaborare alla realizzazione di un’impresa da far tremare i polsi.
Non nascondeva l’emozione, il Direttore del “Campiani”, Gianluca Pugnaloni, nell’annunciare all’uditorio la sfida ingaggiata: mettere in musica le ultime parole di Mahler, e farlo chiamando a raccolta Maestri e allievi delle due realtà per invitarli a cimentarsi, fianco a fianco, con una scrittura di rara bellezza e complessità, che la scarnificazione della partitura operata da Schὂnberg per ensemble cameristico non fa che esaltare nella sottile trama di preziosismi a cui ogni singola individualità è chiamata. Una partenza, dunque, quanto mai ambiziosa – per scelta dell’impaginato, per interpreti coinvolti - che un perfetto connubio di dedizione e talento hanno risolto in un successo senza ombre. Il Direttore Marco Tezza, anima – insieme a Paolo Ghidoni – di questa magnifica avventura, li ha chiamati uno ad uno, quei ragazzi valorosi nascosti tra le fila della compagine, a prendersi il loro meritatissimo applauso: Rachele Rossignoli, secondo violino, Alessandro Gasparini, viola, Alfredo Mendez, violoncello, Matteo Spaggiari, contrabbasso, Martina Bezzan, Flauto, Daria d’Onofrio, oboe, Tommaso Sanson, clarinetto, Alberto dal Martello, fagotto, Michele Orlando, corno, Filippo Bazzani, fisarmonica, Fabrizio Malaman, pianoforte, Anna Panozzo, celesta, Marco Costantini e Vittorio Ponti, percussioni. Protagonisti, tutti, di un piccolo miracolo di squisita artigianalità, di un “unicum”, nelle parole del Direttore, destinato a riverberarsi sul loro percorso di crescita professionale.
Lo stesso Ghidoni, generosa, duttilissima spalla della formazione, aveva invitato il pubblico a raccogliersi attorno ad un ascolto che, come poche altre pagine, parla ad ognuno di noi. E dice cose che non si dimenticano. In un’autentica galleria della memoria, nel febbrile riavvolgersi del nastro, Mahler dissemina ricordi, schegge, lacerti di vita. Il canto, l’ultimo, della terra. Rimpianti, bagliori di desiderio, disperata, sguaiata, sghemba ebbrezza, illusorio tentativo di fermare la dissoluzione. Il brindisi solitario di un estremo sorso di luce, l’incerto giro a vuoto di uno sguardo nel freddo del paesaggio autunnale, le larve della giovinezza affioranti da un tessuto sovraffollato di citazioni, presenze ancestrali, mute e arcane come la galleria di busti del Teatro chiamati ad assistere, impassibili, alle memorie di una casa di morti, ad un racconto che tiene insieme, in sei pannelli, il senso ultimo del mondo. Fino al congedo, all’estenuato, Abschied con cui, lentamente, il sole cala sul sussurro della voce, e sul mormorio degli strumenti. Applausi, meritatissimi, anche a Joseph Dahdah e a Laura Polverelli, intensi scandagliatori dell’universo mahleriano, brillantemente risolto anche nelle sue mille trappole esecutive.