Recensioni - Cultura e musica

Il grande sogno

Modesta rievocazione autobiografica del ’68. Ma il sogno dov’è?

Un film di Michele Placido.
Con Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Luca Argentero, Massimo Popolizio, Alessandra Acciai, Dajana Roncione, Federica Vincenti, Marco Brenno, Marco Iermanò, Silvio Orlando, Laura Morante

Drammatico, durata 101 min. - Italia, Francia 2009. – Medusa


Michele Placido era un poliziotto ai tempi della mitica battaglia di Valle Giulia del 1 marzo 1968, e ripercorre quel periodo attraverso il personaggio di Nicola (Riccardo Scamarcio), periodo che poi sfocia, nel film come nella vita, nell’abbandono della polizia per le tavole del palcoscenico e poi per i luoghi del cinema.  Il film rivisita i temi del ’68, e cioè la rivolta degli studenti per una scuola non più di classe, la sessualità finalmente libera e disinibita, lo scontro nella famiglia-tipo borghese con le rivendicazioni di libertà e autonomia dei figli ribelli.
Tutto scorre con l’abilità di un onesto artigiano del mestiere quale è Placido ( la cui vetta registica resta finora “Romanzo criminale”), ma senza l’accurata ed emozionata ricostruzione di Marco Tullio Giordana ne “La meglio gioventù”, e senza il soffio bruciante del sogno nel film di Bernardo Bertolucci  “The dreamers”. Placido si comporta come la persona che rovista nel cassetto in solaio, guardando con distrazione le vecchie fotografie, e soffermandosi con attenzione solo su quelle di attore ex-poliziotto. Lo spirito davvero rivoluzionario dell’epoca non si respira, e mi è venuto in mente anche il dittico su Che Guevara di Steven Soderbergh, che è stato un mezzo flop, eppure, attraverso una cruda ricostruzione quasi documentaristica, ha restituito a chi l’ha visto lo spirito del tempo e la dimensione del sogno, che resiste nell’immaginario collettivo.  Gli attori offrono tutti prove dignitose, con una menzione d’onore per il piccolo ruolo di Silvio Orlando, ma non capisco perché a Laura Morante, attrice di altre potenzialità, vengono sempre offerti ruoli di ansiosa e frustrata isterica.
Ed ora che del ’68 è stato sviscerato ogni aspetto, speriamo che anche il cinema si soffermi di più sulle possibili utopie del presente e del futuro.
Obama, con tutti i suoi limiti, docet.

Elena Bettinetti