Recensioni - Cultura e musica

Il lieve Schubert e il dolente Čajkovskij di Muti

Coinvolgente concerto dell’Orchestra Cherubini al Teatro Ponchielli

La cancellazione delle previste repliche di Aida al Teatro dell’Opera di Roma ha permesso al Maestro Riccardo Muti di partecipare ad una tournée italiana con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini in occasione del decennale della sua fondazione.
Tappa finale di questa tournée è stato il concerto al Teatro Ponchielli di Cremona, cui abbiamo avuto la fortuna di assistere.

Il programma prevedeva due tra i capolavori sinfonici dell’800, divisi da circa 70 anni ma accomunati dal concetto di “tragicità” ovvero la Sinfonia n. 3 “Tragica” di Franz Schubert e la Sinfonia n. 5 di Pëtr Il’ic Čajkovskij.
Per amor di precisione andrebbe aggiunto che il titolo di “Tragica” attribuito dal compositore stesso in un momento successivo rispetto alla composizione, può vantare delle attinenze con il solo primo movimento della sinfonia schubertiana, che nei movimenti successivi esibisce una vena decisamente più lirica, mentre nella partitura Čajkovskiana emergono in maniera molto evidente le tematiche di impotenza e rassegnazione al destino che caratterizzeranno l’ultima fase del compositore russo.
In linea con quanto sopra accennato, Muti stesso nella sua lettura del primo brano in programma ha scelto di non accentuarne la componente drammatica esaltandone gli aspetti più classici rispetto a quelli protoromantici come ad esempio l’elegiaco secondo movimento.
Il suono era quindi morbido, nitido, molto sorvegliato, quasi trattenuto. L’ordito orchestrale si evinceva alla perfezione grazie ad un equilibrio molto sottile tra le singole sezioni che ha permesso ad ognuna di emergere senza sovrastare le altre. A questo proposito abbiamo particolarmente apprezzato la cristallina trasparenza del quarto movimento.
La Cherubini è un’orchestra giovane, sia come fondazione che come età anagrafica dei singoli componenti ed è proprio questa giovinezza che sembrava trasparire dalla leggerezza del timbro impressa alla sinfonia schubertiana.
Decisamente di tutt’altro tono la lettura impressa alla Quinta di Čajkovskij. Un attacco dolente quasi da trenodia funebre ha introdotto il “tema del destino” che, come in un’altra celebre “Quinta” è destinato a tornare in tutti e quattro i movimenti.
La leggerezza di prima ha qui lasciato il posto ad un suono più pieno, turgido, ma sempre levigatissimo e mai pesante.
Splendido il tappeto d’archi intessuto per permettere alla tromba solista di spiccare all’inizio di un  secondo movimento caratterizzato da un intenso lirismo. C’è molto dello struggimento Čajkovskiano in questa interpretazione di Muti che, dai toni più drammatici dell’inizio, si risolve nella tonalità maggiore del finale che, pur non avendo una funzione prettamente catartica, apre un minimo spiraglio nel pessimismo cosmico di questa partitura.
A margine del programma ufficiale, conclusosi con giustificate ovazioni da parte del pubblico che esauriva il Ponchielli, Muti ha rivolto un appello in favore della cultura italiana con particolare attenzione alla città di Cremona, patria dei più grandi liutai della storia e di quel Claudio Monteverdi da cui ebbe inizio il dramma in musica.
Al termine di questa parentesi una dinamica esecuzione dell’ouverture della Giovanna d’Arco di Verdi ha concluso un concerto eccellente sotto ogni aspetto.

Davide Cornacchione 15 dicembre 2014