Recensioni - Cultura e musica

Il nuovo paradigma della scenografia contemporanea in Stefano Poda

Un'analisi dell'opera del maestro trentino a cura di Roberto Facchinelli 

Questo articolo è probabilmente la maturazione, forse, di un approfondimento, peraltro iniziato anche da articoli-recensioni che Opera-Teatro ha offerto grazie a scritti di Raffaello Malesci, scritti sicuramente di interessante indagine e lettura. Inoltre vorrei precisare che non ho mai conosciuto Poda di persona e non ho, per ora mai avuto l’occasione di incontrarlo. Diciamo che la mia è una conoscenza puramente artistica, forse la migliore, perché scevra da impressioni o da persuasioni di tipo personale o amicale. Il fatto di certe coincidenze è comunque interessante, come per esempio essere della stessa generazione. Una coincidenza che può aver aiutato, in tal caso, la mia curiosità di ricerca e di studio verso un certo indirizzo o contesto culturale del mondo artistico visivo della scenografia e della scenoplastica.

Analizzando l’intero ciclo d’opere o corpus che dir si voglia, realizzato da Poda, sembra del tutto chiaro che l’opera scenografica del Maestro di origine trentina debba essere, in questo momento, considerata e studiata. Come sappiamo Stefano Poda è artista poliedrico e di natura creativa olistica. Interessante vedere che Poda è sì brillante e geniale scenografo ma altrettanto originale regista, per non parlare poi della sua professionalità assai alta pure nel campo dell’arte del costume, senza tralasciare la sua certosina applicazione nell’arte dell’illuminotecnica, applicandosi, fra l’altro, in suggestive coreografie. Insomma è del tutto evidente che stiamo parlando di un artista che, senza patemi d’animo, ricorda e “reinterpreta” l’età dell’Umanesimo, e se vogliamo, appare ai nostri occhi quasi come un artista dalle qualità rinascimentali. L’arte di Poda è un’arte assolutamente legata ai nostri tempi ma possiede una cifra di applicazioni estetico-sensoriali tale da superare quella connotazione di stampo neo-concettuale. Poda è post-contemporaneo o se vogliamo è artista che con forza e spirito innovativo ha compiuto un passo in avanti nella ricerca artistica in ambito dell’opera lirica.

In questa sede, però, ho desiderio di concentrarmi più sull’aspetto scenografico-installativo, viste le mie conoscenze più spiccate in tema di arti visive. Allora direi di iniziare con il tema, forse centrale, dove lo stesso titolo vuole evocare l’idea, non tanto strana e non tanto lontana dai fatti artistici messi in atto da Poda, e cioé la nascita di un nuovo paradigma nel concepire e fare scenografia nel teatro d’opera. Visualizzare poi un modello, una progettualità nuova, dinamica, avvolgente, in tale campo d’azione è lavoro arduo, difficile. Se osserviamo bene, con pulizia d’animo, le opere scenografiche di Poda possiedono caratteristiche che portano a creare una visione di portata culturale netta e lampante toccando il concetto di installazione senza togliere i valori plastici fondanti.

Prima cosa sta nel fatto che la scenografia in Poda è opera che interagisce con tutto quello che convive con essa: la scenografia è spazio-vita, arte veritiera, autentica; non è un luogo dove si svolge una semplice azione teatrale. La scenografia diventa quindi occasione di studio creativo di alto magistero dove le diverse arti concorrono alla riuscita dello “spettacolo”. Qui la scenografia è avvenimento di un atto vivo, presente, fortemente umanista e con chiare lacerazioni di matrice esistenziale. Le cromie di Poda si basano quasi sempre su pochi colori, o ancora meglio, su pochi “non colori” come il bianco e il nero. A volte campeggia il rosso, simbolo di dolore, vita, sangue, guerra o ferita, in base, ovviamente, al contesto e alla sceneggiatura studiata. A volte vi sono rivoli di colore giallo, azzurrognolo, con alcune accensioni verso un verde elettrico nel puntualizzare atmosfere o situazioni particolari. Poda cura con parsimonia e con vera attenzione il colore per creare sempre un ambiente elegante e fortemente plastico.

Poda, mi piace ribadirlo, non desidera che il teatro d’opera diventi una branca sperimentale dell’arte cinematografica, ma desidera una sua e imprescindibile identità-alterità, uno stato d’essere fortemente vivo e da rispettare. È contrario infatti all’uso di proiezioni di immagini; desidera invece la presenza tridimensionale di corpi e oggetti che diano forza e animazione unica e irrepetibile; il pubblico può assistere così in diretta l'afflato degli attori, in ogni istante. L’arte della scenografia diventa evocazione, riflesso di stati d’animo, di frammenti di storie universali. Il testo può diventare in sostanza un pre-testo ma il cuore della traccia rimane e non viene tralasciato in nessun modo. Vi è un approccio serio, profondo nell’interpretazione artistica podiana.

Per ora, come si è visto, ho parlato di quattro tematiche senza un ordine cronologico; punti che possono caratterizzare il nuovo paradigma di cui parlavo: la prima è nel valore interdisciplinare o trasversale fra le diverse arti soprattutto tra quelle che rivestono però l’obiettivo fortemente plastico e vivo dell’azione; la seconda incentrata su un’interpretazione olistica e in chiave umanista seppure caratterizzata dalla forte contaminazione dell’arte più vicina ai nostri tempi o addirittura, se vogliamo, in chiave sincronica degli eventi plastici citati; la terza l’uso calibrato del colore che appare sempre più non colore e quindi luce, apparizione, sogno introspettivo; la quarta è riferita al movimento degli attori e delle comparse che mediante costumi ri-evocativi e allo stesso modo “astratti” portano lo spettatore a proiettare diverse sensazioni e modalità di ascolto.

Non per nulla Poda parte dall’ascolto della musica che è astrazione; da qui mette in scena mondi, atmosfere. La scena è spazio dove ri-suonano e quindi dove si ri-valorizzano le sonorità e i silenzi. Da qui nascono anche le scenografie, i costumi, i movimenti, le luci. Ogni cosa poi dialoga con ogni altra cosa, in sinergia. Or si voglia dunque riferirmi, adesso, ad un’opera in particolare, forse una tra le opere maggiormente riuscite di Poda o forse il suo più evidente capolavoro: THAIS. Guardando anche la registrazione video presente nel sito del Maestro, è possibile carpire che parliamo di un’opera che rimarrà, assieme ad altre, negli albori della storia della nuova scenografia e di una nuova regia teatrale. Tutto è perfettamente calibrato e tutto si muove attorno o assieme alla musica. Vediamo figure, uomini e donne anche nella loro nudità, presenti e assorti, a vivere il tempo che sfugge e lo spazio che la musica di Jules Massenet sostiene, suggerisce. Mimiche “abbraccianti” e "geologiche" che parlano e invocano stati d’animo in sintonia con la forte sonorità e il fluente lirismo appassionato che la musica afferma con sicura apertura emozionale. Frammenti scultorei e architetture silenti campeggiano irradiando la loro forza con "perlustrazioni" di un antico mondo e di un’antica bellezza su un piano evidentemente sincronico ma che lascia aperta pure un’interpretazione degli eventi in chiave diacronica.

Poda ci permette di entrare nell’opera, creando una forte ed irresistibile voglia di vedere, capire o seguire le vicende, la storia; proprio e soprattutto a chi di opera lirica non ha avuto mai una grande propensione. Attraverso l’arte visiva Poda ci fa avvicinare ancor più in quel mondo meraviglioso che il teatro d’opera ci può, magicamente, regalare.

Infine non si può e non si deve escludere il fattore totalizzante che Poda innesta nelle sue opere. La voglia di “arte totale” è in tal caso trasversale; dinamica che unisce diverse arti per accedere in una "luce" tale da superare la semplice soglia della comunicazione a favore del fatto espressivo, catartico e altamente sensoriale.