Recensioni - Cultura e musica

Il riscatto del Verdi francese

Un ottimo allestimento di Jérusalem firmato da Hugo de Ana inaugura il Festival Verdi

Jérusalem è l’opera che segna il debutto di Giuseppe Verdi all’Opéra di Parigi e, come accadrà anche per altri titoli francesi, è la rielaborazione di un’opera italiana, nello specifico I Lombardi alla prima crociata.
È molto interessante che il Festival Verdi di Parma abbia deciso di inaugurare l’edizione 2017 con l’edizione critica curata da Jürgen Selk di questo titolo pochissimo rappresentato, non solo in Italia, ed ancora più interessante che sia stata annunciata per la prossima edizione una nuova produzione di Le Trouvère, a conferma di un percorso di riscoperta dei Grand Opéra del cigno di Busseto.

 

Spesso considerato con sufficienza come un semplice rifacimento dei Lombardi, il primo Grand Opéra scritto da Verdi, oltre ad essere a tutti gli effetti capostipite di capolavori quali Les vêpres siciliennes e Don Carlos, per tacere della seconda versione di Macbeth, per molti aspetti può rivendicare il riconoscimento di opera autonoma. Il libretto infatti non è la traduzione dell’originale italiano, ma è stato riscritto ex novo in funzione della nuova trama ed anche per quanto riguarda l’aspetto musicale, le aggiunte e gli spostamenti delle singole scene ne modificano sostanzialmente l’impianto.
Per questa nuova edizione il Teatro Regio ha scelto di affidarsi al talento di Hugo de Ana che, come di consueto firma regia scene e costumi di uno spettacolo sostanzialmente tradizionale ma esteticamente bellissimo.

 

Il regista argentino si attiene alla drammaturgia originale mantenendo l’ambientazione medievale e ad apertura di sipario viene proiettata su un velario di proscenio la bolla di Urbano secondo che, concludendosi con un minaccioso “Deus vult”, sanciva l’inizio della prima crociata.
Le videoproiezioni costituiscono una parte importante di questo allestimento, usate sia durante i cambi scena, sia in sinergia con le ricche scenografie per aumentarne ulteriormente l’impatto visivo. Dalle vetrate delle cattedrali gotiche si passa alle assolate atmosfere del deserto, la cui luce muta a seconda dell’evolversi dell’azione per giungere alla bellissima penombra della scena del processo in un continuum di splendidi tableaux vivants che si avvalgono dell’ottimo progetto luci di Valerio Alfieri. I costumi, come sempre curatissimi e sfarzosi impreziosiscono ulteriormente l’insieme.
La regia di De Ana scorre in maniera abbastanza fluida e convenzionale. Se da una parte questa scelta limita l’approfondimento sui singoli personaggi, dall’altra ha il pregio di rendere lineare la narrazione di un testo la cui trama è già di suo abbastanza farraginosa.

Dal punto di vista musicale spicca, come nel Don Carlo inaugurale dello scorso anno, la prova maiuscola di Michele Pertusi, un Roger autorevole, dotato di un timbro splendido che gli consente una notevole varietà di fraseggio e gli permette di creare il personaggio più sfaccettato dell’intero cast. Meritatissime le ovazioni al termine dell’aria Ô jour fatal all’inizio del secondo atto.
La voce di Annick Massis dà a volte l’impressione di essere un po’ chiara per il ruolo di Hélène, tuttavia la cantante si distingue per la nobiltà di fraseggio ed ottiene un meritato successo personale al termine dell’aria Quelle Ivresse.
Buon fraseggiatore, robusto nei centri ma con qualche difficoltà nell’acuto, Ramón Vargas delinea un Gaston eroico e volitivo che eccelle nella scena della degradazione.
Fieramente nobile il Visconte di Tolosa di Pablo Galvez, mentre Massimiliano Catellani è un robusto emiro.
Valentina Boi è un’Isaura luminosa, Paolo Antognetti uno squillante Raimond, Matteo Roma un funzionale Ufficiale mentre Francesco Salvadori si disimpegna nel doppio ruolo dell’Araldo e del Soldato.

Daniele Callegari, alla testa della Filarmonica Arturo Toscanini riesce a creare un buon equilibrio tra la scrittura italiana e le esigenze parigine della partitura, optando per una lettura che si distingue per compattezza e fluidità, valorizzando anche i ballabili del terzo atto validamente coreografati da Leda Lojodice.
Come sempre impeccabile la resa del coro del teatro Regio diretto da Martino Faggiani.
Applausi convinti da parte del pubblico che esauriva il teatro.

Davide Cornacchione 12 ottobre 2017