
Da Vinci Classics pubblica il live dell'esecuzione di Massimiliano Damerini registrato pochi mesi prima della sua scomparsa.
La prima risale a quasi mezzo secolo fa. Nell’ascolto affidato all’incisione discografica, il cronometro si arresta a 73 minuti, quasi il doppio della normale durata della beethoveniana Hammerklavier op.106. La seconda surclassa la prima di una manciata di istanti. Ma entrambe, anche messe assieme, nulla potrebbero contro le oltre sette ore della Quinta, vero e proprio tour de force che vede chiamati in causa, in un’unica sfida estrema, compositore, esecutore, uditorio.
Carlo Alessandro Landini, figura dalla mente colorata e dalla cultura abissale raggrumata in un sapere eclettico, stratiforme, saldamente ancorato a radici e a riferimenti troppo spesso liquidati come “passato” e capace, proprio attraverso di essi, ad immaginare brecce, prospettive, nuove declinazioni, con quest’ultima nata è alla sua Ottava Sonata per pianoforte. Nel perimetro di una sintassi adamantina, a cui il nome dei vari movimenti esplicita il tributo dello sguardo, il compositore milanese gioca, ancora una volta, a scombinare e a ricomporre, con la devota, ferrea eleganza di un versificare obbediente ad una forza centripeta a cui, in mirabile equilibrio, tutto torna. In questo inesausto tentativo di catturare, per istanti e fotogrammi, l’imprendibile flusso della vita, le sue mille sfaccettature e divagazioni, questa Ottava si staglia nella produzione landiniana come creatura cupa, animata da una forza ctonia che cova sotto una crosta sulfurea. Un canto della materia, degli elementi, in una realtà in cui l’uomo sembra tacere, assente, muto, o forse ammutolito. Al suo posto, lo spettacolo a cui ci si trova davanti è il grandioso, ermetico snodarsi di un racconto che non ha bisogno d’autore e che procede anche senza di noi, inesorabile, avvincente, nel caleidoscopio di armonie perturbate che incrinano, senza spezzarlo, il filo di un canto infinito creando, nel prisma del cristallo, ipnotici giochi di luce riflessa.
È, questa, la voce, di un autore autentico, squadernata in un percorso di note all’ascolto che la solita magnifica Chiara Bertoglio dipana con spiccato acume e ricchezza di argomentazioni. Ma, forse, il motivo per cui questa Ottava, nei suoi “soli” quarantacinque minuti di esistenza, nella nostra percezione sovrasta tutte le precedenti è nell’interprete: Massimiliano Damerini, per tutta una vita impagabile trasvolatore del pensiero dell’autore dalle sorgenti delle sue più intime ragioni verso la riva del pubblico e della divulgazione. Sua la firma privilegiata alla produzione sonatistica di Landini, compresa la titanica traversata dello specchio di mare aperto della Quinta. E sua l’esecuzione, come sempre discreta, appassionata, minuziosamente accurata, anche di questa. Un live in cui, chiaro, si percepisce in presa diretta il passaggio di consegne di una pagina ancora fresca d’inchiostro. La trepidazione dell’interprete, la palpabile attenzione dell’uditorio. In questa dimensione di affidabile testimone dell’arte propria e altrui, Damerini ha vissuto. Se n’è andato pochi mesi dopo la serata qui catturata per sempre dal miracolo della tecnologia. E questo è, nell’attonito “morendo” delle ultime note, anche l’inconsapevole congedo con cui è uscito di scena dal mondo, con la stessa garbata signorilità con cui l’ha abitato, facendosi prestare la voce dalle note di un amico.
Carlo Alessandro Landini
Piano sonata n.8
Massimilano Damerini
Da Vinci Classics