Un percorso drammaturgico concepito da Francesco Corti che accosta alcune sonate per clavicembalo.
Che abbacinante laboratorio creativo è il corpus sonatistico per clavicembalo di Domenico Scarlatti. Non solo per l’ampiezza del suo arco ma, ancor prima, per la spiccata, quasi sfrontata identità personale che ognuna di questa folla di creature disvela nel trionfo di una scrittura che sfida tanto l’esecutore, alle prese con autentiche prodezze, quanto l’ascoltatore, continuamente attirato, sedotto e beffato da una trama che proprio nella sorpresa, nella svolta imprevedibile, ha una delle sue cifre. Pescato dai codici manoscritti conservati tra Venezia e Parma, questo ventaglio di sedici Sonate squadernato con imperiosa autorevolezza di mani e, soprattutto, di pensiero, da Francesco Corti esalta appieno la torreggiante figura di uno spirito inquieto e geniale, già spregiudicatamente esposto sul tempo a venire, assetato di trovare, nello scandaglio di armonie e fraseggi, nella combinazione di possibili soluzioni, nuove vie, inediti approdi espressivi. Ecco allora, inanellati tra di loro come perle irregolari di una collana barocca, universi di traboccante vitalità, trasudanti scintille di accesa strumentalità e di saturnina introspezione, di pathos e di irriducibile melanconia in cui la sintassi e la prassi sono continuamente sconquassate e ricomposte, polverizzate e rammendate, in mirabile ordine. Concepito come un percorso drammaturgico per accostamenti di universi tonalmente affini ma divergenti per temperatura emotiva, passo narrativo, quello messo in scena da Corti è un teatro distillato in singoli cammei, fatto di arie come soliloqui della mente, pervase di recitativi, impreziosite da un florilegio di trilli, arpeggi, rapsodici abbellimenti di spagnoleggiante ascendenza, ma anche di un’austerità contrappuntistica che, di queste creature così cangianti e capricciose, è la ferrea quanto segreta armatura. Ne sortisce un affresco vivido e avvincente che la piena padronanza dell’interprete, con un gioco strumentale di splendida fattura, esplora anche nei suoi aspetti più umbratili e meno appariscenti, esaltandone ogni dettaglio nella sua ribollente sostanza.
Domenico Scarlatti
A man of genius
Francesco Corti clavicembalo
ARCANA