Recensioni - Cultura e musica

In Disco: Giuseppe Rossi esegue Schumann

Nell'interessante selezione la Fantasia op. 17 e le miniature dell'Albumblá¼…tter op.124

Da anni seguiamo, apprezzandone la dedizione e il coraggio, il percorso artistico di Giuseppe Rossi, pianista emergente nell’affollato panorama della giovane generazione di talenti italiani. Un apprendistato realizzato in tante prestigiose botteghe d’artista, una su tutte quella di Aldo Ciccolini, e un cammino da subito dedicato alle grandi sfide, alle somme pagine della letteratura pianistica nei confronti delle quali è normale tremino i polsi. Così, dopo il confronto serrato, doloroso e vittorioso con la beethoveniana op.106, meglio nota come “Hammerklavier”, seguendo un filo rosso cartesiano intento ad esplorare, per pagine emblematiche, il rapporto di filiazione, ascendenza, segrete interconnessioni, il pianista approda a Schumann. Un incontro necessario, inevitabile, visto il ruolo centrale che l’auctoritas del genio di Bonn eserciterà sul destino creativo schumanniano, sulla sua ispirazione così come sulla sua visione della musica.

Alla memoria di Beethoven doveva inizialmente essere dedicato il progetto di Grande Sonata, poi confluito, dopo una febbrile gestazione, nella Fantasia op. 17, qui proposta nella prima versione autografa, in cui riaffiora, sublimata, lontana ed eternamente presente, la voce beethoveniana del Lied “An di ferne Geliebte”, riferimento alla fidanzata Clara Wieck e al loro contrastato amore. A contrappeso di tanta sontuosità è la mirabile raccolta delle Albumblá¼…tter op.124, miniature in cui l’universo schumanniano, ormai giunto sull’orlo dell’abisso, scorre rarefatto, nel sottile rivolo di enigmi, trascolorazioni emotive, irrisolti slanci. Quasi una ricapitolazione estrema, prima del silenzio; uno sguardo retrospettivo su ciò che è stato ma soprattutto che avrebbe potuto essere. È dal maniacale segno di questi fuggevoli schizzi, densi di presagi e di malcelato dolore, che Rossi sembra partire per addentrarsi nel suo viaggio ad abbracciare idealmente, nel segno del canto, l’arco creativo disegnato da Schumann. L’ascoltatore ne coglie, palpabile, la cura, l’attenzione alla scrittura e al rompicapo dei suoi criptici indizi, il pudico, fedele accostarsi alla sua cattedrale di frammenti.

Lo stesso approccio, rispettosamente trepidante, che spicca per lampi introspettivi e per recupero della sommersa matrice contrappuntistica più che per fuoco e smeriglio drammatico, si coglie nella Fantasia, scandagliata con occhio analitico, sempre prudente nell’affrontarne la visionaria altalena di contrasti: l’incalzante turbinare del primo movimento, i lampi di tempestosa esaltazione del secondo, fino ad approdare alla rarefazione, placata ma non doma, del movimento conclusivo. Chiude l’ascolto l’intenso, raro Canone H/WoO 4 “An Alexis”.